L’arte che salva, un volume racconta come gli artisti attraverso le loro opere ci indicano la via per superare la crisi
Vederscorrere – L’arte che salva, un libro di saggi e interviste per scoprire come gli artisti attraverso le loro opere – tra critica al consumismo e ritorno a un’umanità condivisa – ci indicano la via per superare la crisi. In libreria dal 18 febbraio (Edizioni Meltemi).
L’arte che salva: Maria Lai, Pino Pascali, Frida Kahlo, Francis Bacon, Wim Wenders, Agnese Purgatorio, Shirin Neshat, Adrian Paci, Vincent van Gogh e Marina Abramović sono solo alcuni degli artisti che con le loro opere – attraverso la loro poetica e il loro lavoro di interpretazione (e quindi trasformazione) della realtà – ci possono indicare come affrontare i cambiamenti, le trasformazioni, insiti nel “new normal” in cui la pandemia ci ha catapultato.
L’arte è in grado (a volte) di ripensare il ruolo stesso della vita, ma l’arte stessa deve essere ripensata (re-inventata) a seconda del contesto della contemporaneità che la vede fiorire. In Vederscorrere – L’arte che salva, per ripensare il ruolo dell’arte nella vita che ci aspetta Anna D’elia dialoga con Elena Bellantoni, Gea Casolaro, Francesca Fini, Chiara Fumai, Paola Romoli Venturi, Jasmine Pignatelli, Silvia Stucky, Valentina Vetturi.
Attraverso questa raccolta di saggi, racconti, interviste e immagini, D’Elia riflette su alcune tematiche legate alla pandemia e alle risposte, sepre più urgenti, che scaturiscono dalle opere di alcuni degli artisti tra più amati e apprezzati della storia dell’arte contemporanea (e limitrofi). Sulle queste medesime problematiche l’autrice dialoga anche con alcuni artisti emergenti, profondamente impegnati nella rete del sociale.
«Guardare agli artisti è necessario per sintonizzarsi con il pensiero della metamorfosi. La loro voce è decisiva per appropriarsi di una diversa dimensione del tempo e dello spazio, costruire una nuova sensibilità nei confronti dell’ambiente, favorire una rinnovata percezione del corpo, elaborare il lutto della perdita, ripensare le modalità di incontro con l’altro e l’altrove».
Uniti si può: Racconta Maria Lai: “Da ogni casa qualcuno esce a legarsi ai propri vicini o si affaccia per gettare il nastro che sarà raccolto da altri. L’operazione dura meno di un’ora, nessuna casa resta esclusa”. Dopo la prima fase occorre passare alla successiva, durante la quale il paese si legherà alla montagna.
L’idea che la pandemia porti con sé un cambiamento profondo nasce dal fatto che il virus ha reso evidenziato le contraddizioni (e le controndicazioni) della società ultra-capitalista. Come suggerito dalle opere di Agnese Purgatorio il punto di partenza da cui iniziare a ricostruire è l’eliminazione delle barriere tra linguaggi, identità, tempi e spazi, e nel riconoscimento di nuove forme di convivenza in cui le civiltà si intrecciano e i destini si mescolano.
Resistere: il rito iniziatico proposto da Marina Abramović con la sua pratica artistica ci permette (e ci suggerisce, anzi) di guardare a un altrove che si colloca oltre i limiti della civiltà occidentale, offrendo così un briciolo di quella saggezza arcaica che lei stessa aveva ricevuto dai nativi del deserto australe.