La collana dedicata alla fotografia internazionale Luminous Phenomena è giunta alla terza pubblicazione con la fotografa italiana Giulia Agostini. Il libro è accompagnato da un testo critico di Angela Madesani e da alcuni pensieri di Filippo Brunamonti e Bruce Checefsky.
Luminous Phenomena – prodotto dalla casa editrice e agenzia di comunicazione NFC di Rimini per i suoi primi dieci anni di attività – prosegue con la terza monografia, dopo quella dedicata alla fotografa Aleksey D’Havlcyon, allieva e musa del maestro Lucien Clergue. Questa volta presenta come protagonista Giulia Agostini: giovane fotografa, che appena conclusi gli studi artistici inizia a dedicarsi alla fotografia analogica per lasciare traccia della sua ricerca continua di immagini che le piacciono. Anche questa terza monografia è pubblicata in tre lingue (italiano, inglese, francese) e in due versioni, Light e Deluxe.
Le immagini di Giulia Agostini raccontano il quotidiano, con sguardo intimo alla scoperta del corpo femminile e dei pregiudizi sociali di cui ancora la donna è oggetto. La fotografia è per lei un mezzo per lanciare provocazioni nei confronti di una società che ancora considera la donna un oggetto di trastullo dello sguardo e del corpo. Tra le quaranta fotografie pubblicate su Luminous Phenomena si vedono ben pochi volti e molti corpi di spalle, di profilo, spesso nudi. Certo, perché le donne che ritrae non hanno paura di mostrarsi nella loro nudità, che altro non è che essenza. Come avesse lavorato a un film lunghissimo, Giulia Agostini ha raccolto in questo nuovo volume – che si affianca alle sue precedenti auto-pubblicazioni a basse tirature – scatti più recenti e immagini di repertorio.
Trovandosi tra le mani una vecchia macchina fotografica, la Agostini comincia ad autoritrarsi allo specchio – oggetto affascinante e misterioso, che la segue sin dalla sua infanzia (ancora oggi ne recupera diversi ai mercatini per averne sempre uno con sé per quando scatta). Inizia pubblicando i suoi scatti su Flickr e presto viene contattata da un professore del Cleveland Institute of Art, che la invita a New York per prendere parte a una mostra. È in questa occasione che Giulia Agostini realizza che quella che sembrava essere una semplice passione poteva diventare il suo lavoro.