Print Friendly and PDF

Bruno Ceccobelli. Il Disegno Intelligente Online

Trasfigurazione, Bruno Ceccobelli, 1977, Foto Courtesy Gianni Dessì Trasfigurazione, Bruno Ceccobelli, 1977, Foto Courtesy Gianni Dessì
Trasfigurazione, Bruno Ceccobelli, 1977, Foto Courtesy Gianni Dessì
Trasfigurazione, Bruno Ceccobelli, 1976, Foto Courtesy Gianni Dessì

Prospettive “patafisiche” tracciate da Bruno Ceccobelli a partire dagli incontri con Jannis Kounellis e Alighiero e Boetti

Chi ha disegnato il Cosmo?… Quale autore ci ha fornito questa esistenza così “colorata”, strabiliante è strabordante? Qual è l’artista geniale di quest’Opera d’Arte sconfinata? Chi ha architettato questo Capolavoro? Per me è tutto così intelligente il cosmo, la natura è tutta ben progettata, ed è già stata disvelata dalla maggioranza dei mistici, degli artisti, dei filosofi e degli scienziati con segrete, ma comprovate proporzioni, che noi possiamo solo consonare a un “ordine implicato”: la matematica, la geometria, il ritmo, la sezione aurea e argentea, i frattali, i cromosomi.

Sembra che il creatore abbia voluto rispecchiarsi nella sua creatura in nome della poiesis. Sì… Sì… lo so, non sto parlando a nome di quei farisei del grande nulla, indaffarati e inzaccherati dal fango quotidiano, mi dispiace per loro e per i loro cari, così poco assennati e poco timorosi dei loro brutti disegni e fieri dei loro guadagni. Il mio primo approccio all’Arte Contemporanea è arrivato presto, avevo diciassette anni, alla fine del mio liceo artistico romano, grazie alla mia professoressa molto al dentro della questione, era anch’essa un’artista, impegnata nella pittura calligrafica e nella questione femminista, era sensibile e materna, Simona Weller.

Simona all’epoca era compagna di Cesare Vivaldi, poeta e critico d’arte in voga tra la neoavanguardia letteraria romana; entrambi mi spronarono ad andare avanti e mi posero sotto l’ala culturale del critico militante Filiberto Menna*.
Dai cataloghi e dai libri che mi prestava Filiberto, per iniziarmi alle avanguardie, scoprii che ne esisteva una, in quel momento, tra Roma e Torino, l’Arte Povera, “Eureka! “, pensai io, che arrivavo fresco, fresco da un mondo povero contadino, ad una città ricca e famosa per i suoi fasti storici; così considerai precipitosamente: “Ho ritrovato anche qui… il mio ‘mondo poverista’ come l’unico valido politicamente e artisticamente”.

Quindi, se c’era, dagli anni Sessanta, un’Arte Povera, io dovevo esserci, lì dentro, e avere un posto, al centro di quell’arte, così tanto a me caratteristicamente corrispondente. Poi, studiando meglio, vedendo le mostre dei protagonisti di questo movimento, ho compreso che “povera” voleva dire mostrare l’energia pura naturale del materiale usato nelle loro opere, opere che rimanevano poeticamente fondamentalmente concettuali, e alla fine, piuttosto minimali. Il mio primo eroe dell’Arte Povera, fu il selvaggio, il magico primitivo, Pino Pascali (Bari 1935-Roma 1968), non l’ho conosciuto, alla data della sua tragica fine, ero troppo giovane.

Azione di Pino Pascali
Azione di Pino Pascali

Morì nel ’68, da “centauro”, in un incidente in sella alla sua Moto Guzzi V7 customizzata con quattro tubi di scarico, sotto un tunnel a scorrimento veloce lungo il Viale (romano) del Muro Torto; il ritardo dei soccorsi, forse pregiudizievole, per via del suo abbigliamento e dei capelli lunghi, accelerò la sua tragedia e poi il suo spettacolare funerale “hippie”, gestito dal suo gallerista Fabio Sargentini e dagli amici artisti, lo resero ancor più mito, senza tempo, alla James Dean.

 

Funerali di Pino Pascali, settembre 1968. Da sinistra Anna Paparatti, Maria Pioppi, Cesare Tacchi, Fabio Sargentini, Gian Enzo Sperone, Jannis Kounellis. Foto di Mario Cresci
Funerali di Pino Pascali, settembre 1968. Da sinistra Anna Paparatti, Maria Pioppi, Cesare Tacchi, Fabio Sargentini, Gian Enzo Sperone, Jannis Kounellis. Foto di Mario Cresci

Del folto gruppo “Poverista”, forse più di quindici artisti, tra romani e torinesi, ho frequentato con interesse due grandi dell’Arte Povera in vesti estreme l’uno dall’altro, (per via degli aspetti di ricerca più disparati che convivevano all’interno del movimento): Jannis Kounellis e Alighiero e Boetti. Con Jannis e Pino ho condiviso gli stessi studi e il nostro comune “nume tutelare” il poeta per bambini di qualsiasi età e pittore astratto, nonché professore e direttore, sez. Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Roma Toti Scialoja**.

Toti Scialoja, Luminosa, 1958
Toti Scialoja, Luminosa, 1958
1984, Cena ex allievi Toti Scialoja, ristorante Pommidoro, Roma, Toti, Jannis Kounellis, Michelle Coudray, Gallo, Dessì, Ceccobelli, Tirelli, Nunzio, Bianchi, Pizzi Cannella...
1984, Cena ex allievi Toti Scialoja, ristorante Pommidoro, Roma, Toti, Jannis Kounellis, Michelle Coudray, Gallo, Dessì, Ceccobelli, Tirelli, Nunzio, Bianchi, Pizzi Cannella…

La prima mostra che vidi di J. Kounellis (Il Pireo 1936-Roma 2017) fu alla prestigiosa Galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani, nel 1973, da quel momento m’innamorai subito del suo lavoro, un tavolo fratino a capretta con reperti in gesso di un Apollo spezzato, sulla sinistra un corvo nero impagliato e lui performer che, seduto al centro dietro al tavolo, indossava una maschera dorata del dio pagano, accanto a destra, un flautista seduto, che suonava nella penombra un brano di Mozart.

Jannis, per primo, strutturò spazi espositivi come pièces teatrali, simili a tableaux vivants, che apparivano come quadri metafisici, infatti, nonostante utilizzasse quasi sempre oggetti e animali nelle sue “drammatiche” installazioni, si definì sempre un pittore. Il suo sguardo incantato si rivolse verso gli archetipi delle sue radici, la mitologia della Grecia antica coniugata a quell’inconscio collettivo occidentale dei materiali produttivi, dall’epopea industriale ottocentesca in qua, tra una sensibilità per l’arte del passato remoto, a partire da Masaccio a Tiziano e Delacroix, fino al passato prossimo dei due fratelli de Chirico.

Jannis Kounellis, Apollo, 1973, Galleria La Salita, Roma
Jannis Kounellis, Apollo, 1973, Galleria La Salita, Roma

Jannis si riteneva “l’ultimo Umanista”… e secondo le sue parole, operava per: “peso, misura e quello che posso fare”; questo artista greco-romano ri-costruttivista osannava il maggiore artista costruttivista del Novecento, Kazimir Malevič, dicendo che dietro il bianco delle sue tele, c’era l’oro delle icone russe. Kounellis era di suo molto taciturno, introverso, molto emotivo, aveva un figura minuta; prima e durante le sue mostre si aggirava “festina lente” nei locali espositivi fumando come “un turco”, mani piccole affusolate sempre sporche, o di carbone o di carboncino, si agitava come un animale in gabbia, si capiva che soffriva, lì in presenza, lo stress di qualsiasi clamore o successo, puntava al perfezionismo.

Molto parco in tutto, dal vestire al mangiare, alla sua abitazione; un giorno nella sua vecchia casa-studio di via Pompeo Magno vidi una grande cartina geografica europea, con tante bandierine appuntate, sembrava una sua nuova opera, domandai al Maestro K che cosa rappresentasse: “Niente, le mostre che ho fatto” lo disse alla maniera secca di un vecchio Generale d’armata, che avesse fatto quello che si doveva fare.

Il “d’après Pauvres” nelle loro rappresentazioni-presenta-azioni, era costituito da quei ready made energetici e simbolici che mi ricordavano la rivoluzione caravaggesca, quella dei soggetti-oggetti umili, scartati, presi dalla strada, gravi e grevi quindi veri, anche più democratici, più vicini al popolo e alla sinistra, ma io vedevo, nelle loro visioni, anche i quadri riflessivi di un altro grande artista del passato che influenzò tutte le prime avanguardie, conciso, preciso e concettuale, e che dipinse alla sua “manera abreviada, la natura delle cose”: Diego Rodrìguez De Silva y Velàzquez***.

Velàzquez nel suo celebre “Trionfo di Bacco” ha dipinto il miglior ritratto di Kounellis (almeno così io lo percepivo quando, nella prima età adulta, per apprendistato e per soldi, facevo il copista); lo vedo lì, alla destra del giovane invitante dio greco, sorridente, Jannis, traboccante di passione, ancora ci guarda dritto negli occhi, dall’Eternità.

Velàzquez, Trionfo di Bacco, 1628-29
Velàzquez, Trionfo di Bacco, 1628-29
Trionfo di Bacco, copia eseguita da Bruno Ceccobelli nel 1969
Trionfo di Bacco, copia eseguita da Bruno Ceccobelli nel 1969

Jannis era sempre pensieroso e distratto, nei suoi tempi: con i suoi lunghi capelli arruffati, sempre vestito semplicemente di scuro, con camicie chiare, m’imprimeva l’idea di un veterano anarchico; la sua controparte solare, Michelle Coudray, la sua seconda compagna, gentile, premurosa ed efficiente, lo ha sempre supportato e convogliato verso le necessarie mondanità, con amabili, autentici sorrisi e accento francese. Cosa c’è di più “povero”, artisticamente, dei disegni di una piuma? Avete mai visto la genialità del disegno semplice di una piuma, per esempio di una faraona?

Questi ovipari sono grandi come galline, ma dall’aspetto sfuocato di mini dinosauri, dai richiami striduli simili alle voci note della savana; ebbene, se osservate una loro piuma con attenzione, troverete il tipo di puntinismo che la distingue, e noterete che molti pixel sono astratti e anche sbadati, tipo i dipinti di Georges Seurat o quelli degli aborigeni australiani.

Ora passiamo ad un disegno cosmico più misterioso, abissale, ma anch’esso povero, nella sua semplicità, in fondo è sunteggiato da palle di fuoco, palline di fango, rocce, ghiaccio e da tanti granelli di polvere, tutti materiali pesanti e galleggianti, sì… anche coloratissimo nelle sue astratte scie gravitazionali.

 

Piuma di Faraona
Piuma di Faraona
Stelle fotografate dal satellite Nasa
Stelle fotografate dal satellite Nasa

Si sa, siamo fatti di polvere di stelle, invece si sa meno che le stelle, in cielo, sono più numerose di tutti i granelli di sabbia che possiamo trovare sulla terra. Chi è il pittore ignoto così estroso? Che con semplici atomi ed elementi chimici poveri, perché invisibili, ha saputo darci tanta gioia? Eppure sappiamo che, al massimo, la natura ha patterns simmetrici, ma non qui, incredibilmente, qui la troviamo che si diverte oppure si annoia e si distrae.

 

Opera di Jannis Kounellis con delle porcellane cinesi, esposta in Cina nel 2011
Opera di Jannis Kounellis con delle porcellane cinesi, esposta in Cina nel 2011

Chi vede trasforma, chi trasforma è trasformato. Quando ritornai a Todi nei primi anni Novanta, l’altro protagonista con cui approfondii un’amicizia fu Alighiero e Boetti. Era lì, in una vecchia masseria nel verde, a fumarsi l’erba, a Romazzano, una frazione del comune.

Alighiero e Boetti, Gemelli, 1968
Alighiero e Boetti, Gemelli, 1968

All’estremo opposto di Jannis il metafisico, “i due per mano” si focalizzarono su un’indagine concettuale semantica, tra quel linguaggio quotidiano della cronaca banale e l’intelligenza visiva artistica delle avanguardie, producendo “immagini dislessiche”, alla Renè Magritte.

Ho un episodio vivido del Maestro Parallelo: lo andai a trovare per omaggiarlo (e un po’ anche perché mi sono sempre sentito un Indiana Jones dei cervelli…). “Loro”, come sempre era in modalità mediale multitasking, gentile e cortese (con quella risata di “rincorsa” iniziava poi sembrava finire, invece riprendeva all’ultimo giro, gorgheggiando), magro, agile, medio alto, mi sfiorava continuando a parlare con la sua tipica cantilena roca, lamentandosi degli affanni quotidiani. E poi, come se non ci fossi, continuava a lavorare alla maniera delle api, a un certo punto intervenni con una frase incongrua secondo lui : “Alighiero, io credo ancora nella pittura!”. Loro due si girarono di scatto e insieme alle loro risate, capii distintamente la risposta: “Ah! Allora, stupido come un pittore!”. Per sintonia, risi anch’io.

Era la frase con cui Marcel Duchamp, nel 1913, spiegò al mondo intero (con un vecchio detto francese, che voleva ridicolizzare i pittori realisti, di fronte alla nuova invenzione della foto) il perché del suo passaggio dalle immagini ai più facili Ready Made. Io cercai di tagliare corto, allora iniziai a salutarlo, ma lui, come aveva fatto altre volte, mi trattenne. Prese due piccoli arazzi intelaiati e volle regalarmeli, per i miei figli (sapeva che avevo due gemelli e forse questo ispirava il suo senso di simmetria innata). E poi, tempo prima, gli avevo fatto il favore di fargli conoscere una mia assistente persiana Maschid Moussavì, era rimasto soddisfatto di quel nuovo apporto culturale orientale.

1987, di Alighiero e Boetti, dedicato ad Auro e Celso Ceccobelli
1987, di Alighiero e Boetti, dedicato ad Auro e Celso Ceccobelli

Il Maestro AeB italo-afghano****, non era contraddittorio, è che voleva essere in due realtà contemporaneamente, NEGATIVOPOSITIVO; i suoi arazzi cruciverba coloratissimi erano funzionali ad un’espressione artistica parasintetica del suo tempo e le sue sciarade ironiche tendevano ad evadere il linguaggio convenzionale di tutti i giorni che per lui & lui era evanescente. Senonché arrivano anche gli studi dei neuroscienziati che ci informano, dopo che i saggi di tutti i tempi già ci avevano ammonito, che la realtà stessa è maja, cioè illusione, inganno. No, è ben più incredibile: è il cervello che ci mente, e beh sì!

Là, fuori dai nostri sensi, non ci sono colori, suoni, sapori, odori, pressioni, ma là fuori di noi “scafandrati” dai limiti sensoriali e dalle nostre aspettative, là, oltre… ci sono solo deserti di eterogenei elementi chimici e varie vacue onde elettromagnetiche. Là fuori il mondo è solo il nostro mondo, che nasce e muore con noi, poveri oggetti scaturiti dai nostri paraocchi sinestetici; noi percepiamo significati, ma là fuori c’è un’indifferenziata area grigia; è come dice quel proverbio: “di notte tutti i gatti sono bigi”. Anzi non ci sono neanche i gatti tridimensionali perché potremmo vivere, ipotesi più che plausibile, in un mondo più semplice, in un mondo bidimensionale*****, da noi percepito come olograficamente tridimensionale.

È la nostra centralina bionica, detta encefalo, che trucca, elabora, aggiusta le note percepite, insomma che ci accontenta e che fa apparire davanti ai nostri occhi il nostro personalissimo cinemascope Dolby Surround, cioè un reale tranquillo weekend: visibile, lindo e dipinto, a piacer nostro. Siamo pienamente indefiniti, comprese le nostre nozioni linguistiche. Il tempo è relativo e le parole non ci sono per i nuovi concetti dei nuovi problemi e la verità è nella realtà o nel sogno? Come dicevano i Surrealisti e i nostri allegri Alighiero e Boetti!

Alighiero e Matteo Boetti a Kabul
Alighiero e Matteo Boetti a Kabul

È la creatura che crea il creatore… voi sapreste disegnare o descrivere il Bello Onnipotente… e lo schema della Beatitudine… i colori del Paradiso… e le trame della Mente nella nostra mente? Questo il Disegnatore Folle, lo fa. Buongiorno sono il Dottor. Frenesio Bellezza, specializzato in poesia molecolare e macchie epidemiche ingiuste della Clinica Quisisana con lo Spirito dell’Arte Pura. “Ve lo do io il Vaccino Vivo, contro le brutte ignoranze, contro la depressione decadentista, contro le meschinerie commerciali elettrodomestiche, contro l’insonnia da successo, contro gli umani infettati dal proprio ‘corpuscolo’ egotico”. Ho amato somigliare a mio Padre, non a quelli putativi, ma a quello creativo, lui mi ha donato la vita, io per imitarlo, l’ho onorato con la Bellezza.

Ho dipinto segni come preghiere, chiedevo a me stesso e all’altro me Stesso, di capire, fare senza sosta un “Disegno Superiore” e una volta compresa la parabola della Grazia, ho sempre considerato le mie effigi iconiche degli ex-voto. Che il veleno del mercato non potranno mai intaccare, lì, all’interno delle mie “tavole di bene”, ho messo un’anima che le protegge ( mi proteggono e vi porteranno fortuna), l’Intelligenza. Siamo passati dal richiamo della foresta al richiamo dell’algoritmo, dal disegno intelligente, al disegno povero materialista, e ora, nel futuro presente, al disegno virtuale, sintetico, quantistico, dei cervelli artificiali che scelgono il meglio per gli “alieni” del post-umanesimo.

Opera in asta Sotheby's, CryptoPunk 8 bit 24 pixel, 12 milioni di dollari
Opera in asta Sotheby’s, CryptoPunk 8 bit 24 pixel, 12 milioni di dollari

Così l’arte contemporanea, ormai da tempo ingrato, è fatta da estetiste e da estetisti. Scambiando l’addobbo per la visione, l’affaccio su un altro terrazzino per la veduta, lo smercio per l’esperienza di vita e il prezzo per il contenuto. È iniziato “il diboscamento degli umani”******, troveremo ancora disegni eroici capaci di “parlare” accanto al fuoco creativo dell’immaginazione, entro quell’aria profumata di simboli? Ciao mondo del “ciao uomo del Novecento”, ciao dialettica, ciao armonia degli opposti, ciao positivo, ciao bene, ciao bello. Così ci si salutava a Roma alla fine del secolo scorso, c’era ancora speranza tra il popolino e tra gli artisti militanti… ciao sacro!

Ritroveremo più quelle anime terse che vegliavano sui nascituri disegni ecclettici dei secoli incolti, si rincarneranno ancora quei pittori dell’arte spirituale? Sì, combatteranno ancora nell’ombra, per il colore della Luce Intelligibile, senza nessun merito pubblico, unica medaglia, riavranno conquistato il Sé di se stessi. Come andrà a finire il disegno del disogno del nostro diosegno personale; spesso… mi affaccio alla finestra, mi volto di scatto e vedo passare uomini e donne, li fisso, vedo passare solo volti astratti frantumati alla Picasso, sagome allungate, attorcigliate, surreali alla Dalì, smunti sguardi urlanti alla Munch, mostruosità fetali alla Bacon, tutti telefonino dipendenti Online.

L'Urlo, di Edvard Munch
L’Urlo, di Edvard Munch

Sì, siamo tutti connessi ai malcelati disegni, ai disperati segni gestuali, ai colori drogati. Ai plastici farabutti, agli scarabocchi assassini, alle sgocciolature guerrafondaie, a macchie odiose di malocchio, alle linee web tribali. Sì, saremo tutti pittori Cyborg, “macchiette” interfacciate a galleristi Androidi “schizzati”, diabolici, che ci ordinano, Online, Disegni (non) Intelligenti Optical.

Bruno Ceccobelli

http://www.brunoceccobelli.com/

Note:
*Filiberto Menna (Salerno 1926-Roma 1988) Storico dell’Arte e Critico d’Arte, il libro più noto “La linea analitica dell’arte moderna. Le figure e le icone”, Einaudi, 1975.
**Toti Scialoja (Roma 1914-1998) pittore astratto espressionista, scenografo, poeta. Amico di Willem de Kooning, Mark Rothko, Philip Guston, Robert Motherwell, Conrad Marca-Relli, Bob Rauschenberg, Burri, Turcato, Accardi e altri.
***Diego Velázquez (Siviglia 1599-Madrid 1660) definito “Il Pittore dei Pittori” da Édouard Manet influenzò anche l’arte del Novecento. Da Pablo Picasso a Salvador Dalì, da Francis Bacon a quelli dell’Arte Povera come Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto.
****Il conte Alighiero Boetti amava l’Oriente sia per lavoro che per le sue ricerche esotiche; soggiornò a lungo in Afghanistan, tanto che a Kabul Torres comprò l’One Hotel.
*****James Scargill fisico dell’Università della California, ha formulato una nuova teoria: l’universo in 2D percepito dal nostro cervello in 3D. E David Bohm (1917-1992) fisico quantistico che scrive di ciò ne “L’universo Multidimensionale”.
******Enrica Perucchietti, “Cyberuomo. Dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità”, Arianna Editrice, 2019.

Commenta con Facebook