Niki de Saint Phalle è stata un’artista unica, capace di sviluppare un linguaggio visivo leggero ma non superficiale. In Italia, a Capalbio, una mostra (Il luogo dei sogni: il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, fino al 3 novembre 2021) celebra l’artista franco-americana.
La fondamentale ambiguità dell’arte ha certamente favorito il contesto proiettivo su cui Niki de St. Phalle (1930-2002) ha riversato le sue angosce esistenziali, divenendo nel contempo elaborazione attiva e ristrutturante della sua personalità. Il ruolo terapeutico dell’arte si può già ritrovare nei Tiri del ’61, realizzati nell’empasse Ronsin di Parigi e a Nizza, nell’Abbazia di Roseland alla presenza di Pierre Restany, il critico-demiurgo dei Nouveaux Realistes, che la reclutò immediatamente. Chiamò le sue prime esperienze “Shooting paintings”.
Armata di carabina, la giovane, bellissima mannequin che aveva posato per Vogue ed era ancora in cerca di identità, regolava i conti con l’educazione conformista “bon ton, bon genre” e con la sua stessa aggressività. Niki sparava contro rilievi di gesso su cui si trovavano sacchetti di colori che, esplodendo, imbrattavano i pannelli con i ritratti di Kennedy, Kruscev, Fidel Castro, che cominciavano a sanguinare e a morire. Spiegò ai curiosi che, così facendo, sparava sulle istituzioni, sul mondo maschile e sui propri genitori, che l’avevano cresciuta per il mercato del matrimonio.
Ambigua, suggestiva, nutrita di vita e di emozioni, l’arte di Niki de Saint Phalle suscita appassionanti interrogativi, si presta a molteplici interpretazioni, a identificazioni e proiezioni. Ancora in balia di confuse ricerche di nuovi linguaggi espressivi, tra accumuli di oggetti polimaterici sulla tela e performances ispirate ai temi di un’epoca in piena ribellione, l’ondata di violenza azionista si è placata con gli anni, quando la sua ricerca puntò a esplorare la femminilità sull’onda del movimento femminista.
Dall’introspezione salvifica ed egocentrica condita di velleità iconoclaste alla Dada, Niki de Saint Phalle si spostò man mano ad una riflessione più matura ed ironica sulla condizione dell’umanità e della società. Ben prima delle femministe, l’artista dichiarava nel ’60: “Le donne sono le dee della creazione…sono piene di possibilità. Provano a vivere come gli uomini, ma è ancora sempre un mondo di uomini”. È il periodo in cui, attingendo alle radici di una fertile immaginazione, esplorò il proprio universo attraverso la fase ludica del gioco, in cui si nasconde la tragedia, tutta femminile, del non essere, della mancanza di identità.
Appartengono a questi anni gli assemblages in cui combina gesso e pittura per creare oggetti di piccolissime dimensioni, più tardi dominerà il gigantismo, come riproduzione di un gioco infantile incompiuto. Contro il criterio dominante dell’omogeneità, l’artista costruisce il suo stile sulla massima eterogeneità, sul disordine, la varietà, la molteplicità, la proliferazione degli oggetti. Un teatro molto emotivo di esseri, creature infantili apparentemente innocue e ludiche, possono all’improvviso mostrare un’anima oscura e inquietante rivelando la doppia natura della sua arte.
Scultrice, pittrice, performer, scrittrice, fu profondamente legata all’Italia, dove ha lasciato il suo simbolico testamento nel visionario Giardino dei Tarocchi di Capalbio (1979) ispirato al Parco Güell di Gaudì a Barcellona. Uno stuolo di monumentali, fantastiche creature policrome alte fino a quindici metri evocano gli Arcani maggiori delle carte dei tarocchi, forme magiche, fiabesche, sorrette da armature d’acciaio ricoperte di cemento e rivestite a specchio, a mosaico policromo, a vetro, a ceramica invetriata…. Era la fine degli anni Settanta. Per varare l’impresa, Niki chiamò a raccolta i propri amici artisti oltre al compagno Tinguely, maestro nell’inventare strani congegni meccanici.
Una mostra diffusa curata da Lucia Pesapane, dal titolo Il luogo dei sogni: il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, (fino al 3 novembre 2021, organizzata dal Comune di Capalbio in collaborazione con la Fondazione del Giardino, la The Niki Charitable Art Foundation e Fondazione Capalbio), si snoda su due sedi espositive del borgo antico, Palazzo Collacchioni e la Galleria Il Frantoio. Da non perdere una visita al suo mondo delle meraviglie realizzato a Garavicchio sul terreno donatole dai fratelli Caracciolo “questo giardino è stato fatto con difficoltà, con amore, con folle entusiasmo, con ossessione e, più di ogni altra cosa, con la fede. Niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi. Come in tutte le fiabe, lungo il cammino della ricerca del tesoro, mi sono imbattuta in draghi, streghe, maghi e nell’Angelo della Temperanza”.