Il progetto espositivo multimediale Pino Daniele Alive, allestito nel Chiostro di Santa Caterina a Formiello, a Napoli, celebra il musicista. Visibile fino al 31 dicembre 2021.
I grandi artisti restano sempre vivi: lo sono nelle loro opere, nella memoria del pubblico e nell’influenza che hanno esercitato verso le trasformazioni della società. Le piazze, i palazzetti dello sport e gli stadi sono stati i luoghi in cui l’artista e cantante Pino Daniele (1955-2015) ha accolto diverse generazioni. Tutto ebbe inizio nel 1977, con l’uscita del singolo Terra Mia, il pubblico scoprì un nuovo modo di fare musica d’autore con la sua voce inconfondibile, la sua abilità di chitarrista e l’ironia dei suoi testi, divenendo uno degli artisti più apprezzati. La sua musica è una commistione stilistica che fonde la grande tradizione della canzone napoletana, gli elementi della cultura canora del Mediterraneo e altri generi, il blues, il jazz, il soul e il funky, traendo ispirazione anche dai dischi dei suoi idoli, Jeff Beck, Eric Clapton, Paco de Lucia, Frank Zappa, Carlos Santana e Pat Metheny.
A celebrare l’indimenticabile musicista partenopeo, è il progetto espositivo multimediale dal titolo, Pino Daniele Alive, allestita nel Chiostro di Santa Caterina a Formiello, a Napoli, sede della Fondazione Made in Cloister, in collaborazione con il Pino Daniele Trust Onlus e la Wall of Sound Gallery. Una mostra nata dalla sinergia tra il figlio del musicista, Alessandro, e il fotografo Guido Harari, visibile fino al 31 dicembre 2021.
E’ un percorso caratterizzato da scatti iconici, realizzati dai fotografi che hanno seguito il cantante napoletano nell’arco della sua carriera. E’ un viaggio nella sua dimensione, dove ognuno di noi segue le sue tracce. Un itinerario lungo il quale si incrociano ampie strade e piccoli sentieri, o piazze dalle quali proseguire in direzioni diverse. Pino Daniele è stato molte cose e molte personalità: il ragazzo del blues e la “hit” da classifica, il performer ineguagliabile e a volte scontroso, con l’ironia del napoletano verace e l’orecchio finissimo dell’artista globale. Lui si definiva un “chitarrista che canta”.
Immagini delle copertine dei suoi dischi storici, istantanee inedite e digitalizzate ripercorrono una vita professionale intensa e proficua, in cui raggiunge la definitiva maturazione ed affermazione a livello nazionale con l’album, Nero a metà (1980), dove unisce il blues, il funk e il soul. Le sue ricognizioni lo hanno portato spesso a confrontarsi con sonorità, talenti e soluzioni strumentali che provenivano dall’Africa, patria ancestrale. Un cordone ombelicale con il Mediterraneo dove la sua musica è riuscita a legare mare, terra, aria e fuoco.
In ordine cronologico si susseguono alcuni ritratti giovanili scattati da Lino Vairetti della band Osanna, a cui seguono le immagini di Mimmo Jodice per il Mattino Illustrato, di Cesare Monti per la copertina del secondo album dal titolo Pino Daniele, e di Guido Harari, invece, sono le istantanee a colori per la copertina dell’album Schizzechea with love (1988).
Se nel percorso artistico i dischi sono state tappe importanti, le performance sono state fondamentali. Nei concerti emergeva la sua stessa anima, quel suo saper essere leader di un gruppo e al tempo stesso gregario dei grandi solisti. L’esperienza del concerto ha il suo apice sul palco, davanti al pubblico, un processo che inizia in un luogo più intimo e privato: il camerino, luogo di concentrazione e di relax. Di Cesare Monti sono anche gli scatti del 1981 della band storica, in cui Pino Daniele è immortalato con gli artisti Fabio Forte, Joe Amoruso, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese e Rino Zurzolo, a cui si aggiungono le foto di Giovanni Canitano del 2008 che ripropone la stessa foto su uno sfondo bianco e con i musicisti caratterizzati dai rispettivi strumenti musicali.
Un rapporto simbiotico e di intesa è visibile nello scatto di Adolfo Franzò che immortala il cantante napoletano in compagnia dell’attore Massimo Troisi, durante le registrazioni del programma tv Alta Classe-Voglio vivere così di Gianni Minà del 1991. I due artisti simbolo del rinascimento napoletano degli anni Ottanta si conobbero nella trasmissione televisiva, No stop, e fin da subito ebbero un feeling che andava ben oltre la collaborazione professionale. Dal loro sodalizio artistico nacquero tante colonne sonore scritte da Daniele per i film di Troisi. In parte il favore fu ricambiato dallo stesso attore in due canzoni del musicista. La prima delle due vere sinergie musicali, entrambe contenuto nell’album Sotto ‘o sole del 1991, è Saglie saglie. Si tratta di un pezzo pubblicato per la prima volta da Daniele nel suo album di debutto del 1977, Terra mia. In questa nuova versione Troisi presta addirittura la sua voce al cantautore, facendogli da controcanto in una parte del ritornello. Più preziosa è la partecipazione dell’attore in uno degli inediti di questo disco, ‘O ssaje comme fa ‘o core, in cui è artefice del testo. L’altro brano del duo è Quando. La splendida canzone malinconica del cantautore fu scelta come colonna sonora principale del film Pensavo fosse amore… invece era un calesse.
Proseguendo con il percorso espositivo, si alternano gli scatti di altri fotografi che hanno seguito Daniele nella sua creatività, da Luciano Viti, a Roberto Panucci e Letizia Pepori, fino ad arrivare alla sezione che ospita gli oggetti e gli strumenti cari all’artista, tra gli altri, alcune sue chitarre rese celebri dalle copertine dei suoi dischi, il mandolino utilizzato per le registrazioni di Napule è, e i fogli scritti di suo pugno con le scalette dei concerti. La bellissima chitarra Eko, presente in mostra, è stata utilizzata dal 1997 al 2003 e messa all’asta all’evento di beneficenza al Teatro Ambra Jovinelli di Roma. Per l’occasione il musicista realizzò una performance elegantissima con l’ausilio di quattro madrigali scritti e diretti dal Maestro Ezio Bosso.
Ad arricchire la mostra un soundtrack d’eccezione che accompagna i passi del pubblico: alcuni brani del repertorio sono presentati in chiave inedita, con stralci audio della sola voce e/o della sola chitarra isolate dal resto degli strumenti. A ritmare la dimensione volutamente più intima dell’ascolto, in sottofondo si sentono i respiri di Pino Daniele che inframezzano le varie esecuzioni. Al centro del chiostro è allestito un palco con una immagine di una piazza Plebiscito di Napoli gremita sullo sfondo, un “concerto” che consacra l’artista all’eternità.
Pino Daniele è stato uno dei personaggi che con la sua arte è riuscito a travalicare i confini del proprio ambito creativo per entrare nella storia del proprio Paese: dalla fine degli anni ’70, frasi e titoli delle sue canzoni fanno parte da tempo del linguaggio comune. La sua continua ricerca concilia culture diverse in un prezioso modello di apertura mentale e tolleranza verso una visione globale della società.