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Titane, al cinema l’incendiaria Palma d’Oro di Julia Ducournau

Titane Julia Ducournau Titane, di Julia Ducournau

Titane Julia DucournauTitane, al cinema l’incendiaria Palma d’Oro di Julia Ducournau che sovverte tutti i generi. In sala dal 1 ottobre

Nel 2011 debutta a Cannes col suo primo cortometraggio, 10 anni dopo diventa la seconda donna nella storia del festival a vincere la Palma D’Oro – e lo fa con un film violento, brutale, grottesco, allucinante: Julia Ducournau e il suo Titane hanno cosparso di terrore e adrenalina sale della kermesse francese e da oggi si preparano a rivoltare gli stomaci del pubblico italiano.

Della sua vittoria si è discusso a lungo – un premio sacrificato in nome del politicamente corretto, sospettano i più malfidati. Di politicamente corretto però nel film della Ducournau neanche l’ombra. Un cinema furioso, che graffia e lacera la pelle, stravolge e deforma i corpi, annienta le identità; fissa il suo pubblico dritto negli occhi, lo sfida a reggere lo sguardo fino ai titoli di coda – ma da questa competizione lo spettatore non può che uscire sconfitto.

Un body horror, lo hanno definito. E in effetti Alexia (la straordinaria esordiente Agathe Rousselle) usa il suo corpo per guadagnarsi da vivere, danzando in abiti succinti per i viscidi fruitori di un motor show. Ma il suo non è un corpo usuale: a causa di un incidente avuto da bambina le è stata impiantata una placca di titanio nel cranio. E apparentemente da quel momento ha sviluppato una peculiarissima devianza criminale (nel senso che oltre a fare la ballerina è anche una serial killer) e un’incondizionata attrazione nei confronti delle macchine (nel senso che se le scopa).

Titane Julia Ducournau Titane Julia DucournauRefn, Noè, Tarantino, Lynch, ma soprattutto Cronenberg e, nello pseudo dramma familiare che viene a svilupparsi nella seconda parte del film, pure un pizzico di Almodovar. Una manciata di registi fatti a pezzi, triturati ed estrusi in un’opera che è tutto e il suo opposto. Il suo genere è indefinito – quello del film, ma anche quello di Alexia. Perché il genere può essere falsato, truffato, come questo horror fantascientifico che è un po’ un dramma che trasuda tenerezza. Come il corpo gravido di Alexia che rifiuta la sua forma. Come la sua eterna oscillazione tra bisogno di amore e di distruzione. Come la carne che si fa macchina, la morte che genera vita. E poi, nel bel mezzo di uno sterminio di innocenti, la voce di Caterina Caselli in Nessuno mi può giudicare (quella per la canzone italiana una formula che torna: in Raw, film cannibale del 2016,  Julia Ducournau aveva scelto Ma che freddo fa di Nada).

Alexia spacca crani e smembra corpi, sudata, stremata, in un momento di delirante lucidità. Titane è un film pronto a offendere lo spettatore con la sua magnificenza, per travolgerlo con la sua fantasia selvaggia, tenendolo incollato alla poltrona, occhi spalancati, anche quando il film è finito e in sala è tornata la luce.

Titane Julia Ducournau

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