Mediartrade presenta l’asta di Arte Moderna e Contemporanea di giovedì 2 dicembre 2021 a Milano. Spiccano le sezioni dedicate all’Informale e all’Astrattismo italiano.
La vendita si apre con una selezione di lotti in cui la figura femminile è rappresentata secondo differenti codici formali ed estetici. Citiamo – tra le altre – due iconiche fotografie di Man Ray (Lee Miller, stima 2-2,5 mila euro; Meret Oppenheim, 2-2,5 mila euro) e un intenso ritratto di Meret Oppenheim, eclettica protagonista delle più grandi sperimentazioni e appassionanti avventure del Novecento Surrealista.
L’incanto enuclea poi movimenti che hanno caratterizzato e contraddistinto l’arte del Novecento. Nello specifico, verrà presentata una preziosa selezione di opere facenti parte della corrente Informale. In radicale opposizione al figurativo, la forma aveva finito per dissolversi e disgregarsi nelle infinite sperimentazioni dell’azione-gesto. Protagonisti di questo rinnovato clima culturale, in ambito italiano, ci fu, tra gli altri, Roberto Crippa, che avviò una ricerca atta ad un’elaborazione vorticosa e intensamente dinamica giungendo alla creazione di energiche e pulsanti “Spirali” – in catalogo due splendidi esempi del 1951 (stima 15-17 mila euro).
A seguire Giuseppe Capogrossi, artefice di una pittura segnica, un alfabeto magico ed arcaico di cui ne è iconico esempio “Superficie 368” del 1955 (stima 100-120 mila euro). Figura dalla personalissima koiné informale – Tancredi – è artista che adotta una pittura nutrita di toni luminosi attraverso cui disegna un’emblematica poetica dello spazio, “Senza titolo” [1954] (stima 25-35 mila euro) ne è testimonianza. E ancora Afro capace di condensare sulla tela un intimo lirismo unito ad una piena liberà di segno così come accade per il “Senza titolo” (stima 16-18 mila euro) del 1962, un’
A chiudere il parterre italico, Ennio Morlotti, il quale, grazie ad una pennellata corposa e densa esprime con estremo fervore creativo il senso dell’organico come risulta per le tele “Vegetazione” (stima 40-50 mila euro) del 1958 e
Altro indiscusso protagonista che ha animato la stagione informale europea è Hans Hartung; l’artista tedesco ha fatto dell’energico dinamismo, dell’ondeggiare e dell’intrecciarsi di segni lievi una personale cifra stilistica, come risulta per l’intensa opera “T1961-H16” (stima 180-220 mila euro) del 1961. A seguire un salto temporale nella più recente contemporaneità, Marcello Lo Giudice con “Red Vulcano” (stima 13-15 mila euro) del 2020 opera in cui il colore, la materia e la luce si fondono per ricreare suggestivi, incandescenti paesaggi geologici primordiali.
E ancora Piero Dorazio con due preziose carte rispettivamente del 1961 e del 1964 in cui, attraverso una fitta rete di stratificazioni monocromo, il Maestro dell’astrazione conduce il colore-luce verso un’idea di spazio ordinato e vibrante. A seguire opere cinetiche incentrate sullo studio dei meccanismi della visione. Spicca, tra gli altri, la figura di Victor Vasarely, la cui ricerca visiva, basta sul metodo scientifico, considera le forme geometriche come simboli spaziali, unità plastiche emergenti dalla superficie della tela come avviene emblematicamente in “Profire” (stima 100-120 mila euro) del 1983.
Anche i più giovani Carlos Cruz-Diez e Alberto Biasi avevano come fuoco l’indagine delle facoltà percettive. Carlos Cruz-Diez ideò, tra le altre opere, le “physiocromie”, strutture cangianti costituite da una rete di lamelle colorate interagenti con sorgenti luminose, componenti una serie di variazioni cromatiche dinamiche, così come avviene per l’opera “Physiocromie 1301” (stima 55-65 mila euro) del 1996. Figure geometriche che si complementano attraverso infinite possibili manipolazioni del supporto, torsioni e sovrapposizioni di piani che realizzano poeticamente e scientificamente dinamiche risultanze sensoriali così come avviene per “UT 134” (stima 5-7 mila euro) del 2010 di Alberto Biasi.
A seguire sono presentate opere di Paolo Scheggi, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, artefici di una nuova concezione estetica e formale dell’opera: la pittura diviene oggetto. La tela non è più semplice supporto per la stesura pittorica ma oggetto che rivendica la propria tridimensionalità. In tal senso risulta esemplificativa l’opera “Zone riflesse” (stima 280-320 mila euro) del 1963 in cui Scheggi modula la sovrapposizione delle tele attraverso una serie di varchi, ne nasce una profondità visiva insolita dove luce e ombra dialogano armonicamente.
Enrico Castellani, viceversa, avvia un percorso di studio e analisi delle possibilità fornite dall’estroflessione della tela, la sua ricerca ha come centro il rilievo, la suddivisione razionale della tela entra in tensione con il gioco di luci generato dagli aggetti della superficie, una sorta di tramatura orografica in cui forma ideale e suggestione sensoriale si fondono come accade per la splendida “Superficie bianca” (stima 220-250 mila euro) del 1987. A chiudere il trittico oggettuale, Agostino Bonalumi, che si serve della geometria come struttura portante, una sorta di anima sottocutanea dell’opera su cui far poggiare la luce esplorandone gli esiti “chiaroscurali” come avviene anche per le opere su carta di cui, “Senza titolo” (stima 5-7 mila euro) del 1985, ne è esplicito esempio.
Si prosegue con importanti e significative opere di Renato Guttuso configurate nella concretezza fisica attraverso un vigoroso soppesamento plastico “Tetti su via Leonina” (stima 100-120 mila euro) del 1962 – 1964 in cui i distesi e consistenti piani cromatici dell’ intrico dei tetti di via Leonina definiscono un labirintico intrecciarsi di piani, muri, tetti, terrazze. A seguire due tra gli artisti sudamericani più noti e significativi, Fernando Botero con “Adamo ed Eva” (stima 280-320 mila euro) del 2009 i cui volumi prorompenti descrivono figure in perfetto equilibrio tra ironia e nostalgia, tra classicità italiana e cultura sudamericana. L’arte di Botero risulta creatrice e portatrice di uno stile figurativo capace di coinvolgere e affascinare chi guarda.
Roberto Sebastian Matta con “Es Spazio della specie (être hommonde)” (stima 75-85 mila euro), un’opera del 1958 in cui segni e colori rispondono al tentativo dell’artista di trasporre sulla tela i misteri della psiche. E ancora Giorgio de Chirico con “Venezia, Palazzo Ducale” (stima 120-140 mila euro) del 1958, opera la cui impostazione è quella tipica dei vedutisti veneziani; ma, in questo caso, lo sguardo è di impronta metafisica. A seguire un prezioso corpus di opere di Mario Schifano, tra le quali citiamo “Piazza Navona” (stima 110-130 mila euro) del 1961, un intenso monocromo verde bottiglia in cui la pittura a smalto è stesa attraverso pennellate irregolari e sgocciolanti che evocano la struttura di uno schermo o di un telaio di diapositiva, a ancora “Senza titolo (Esso)” (stima 28-33 mila euro) prima metà anni Settanta, segni che traevano spunto dalle insegne pubblicitarie, l’interesse dell’artista si focalizza sull’operazione percettiva, sul ricalco traslato sul supporto bidimensionale del quadro.
A seguire un’ importante selezione di opere di Mimmo Rotella, tra le altre, ”Circo Orfei” (stima 90-100 mila euro) del 1963, un iconico décollage, frammenti e strappi in cui si manifestano richiami alla storia, al cinema, allo spettacolo. E ancora un trittico di carte di Alighiero Boetti. Desideriamo inoltre citare due tra le più importanti figure del Nouveau Réalisme, Arman con un’accumulazione di tubetti di vernice del 2001 e una compressione di César del 1989 circa. Un catalogo composito che raccoglie figure apicali dell’arte italiana ed internazionale del XX e XXI secolo.