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Ciak, Fellini. Rimini si regala un museo dedicato al grande regista, il nostro reportage

Proiezioni sulla quinta del Teatro Galli di una scena tratta da La Dolce Vita in occasione dell’inaugurazione della sede di Castel Sismondo

Con l’apertura al pubblico del settecentesco Palazzo del Fulgor si è completata lo scorso 10 dicembre l’inaugurazione del Fellini Museum di Rimini, inserito dal Ministero della Cultura tra i grandi progetti nazionali dei Beni Culturali. L’edificio, che ospita l’omonimo cinema – le cui due sale di proiezione non casualmente si chiamano Federico e Giulietta -, va ad aggiungersi alle altre due sedi del complesso museale, ovvero Castel Sismondo e Piazza Malatesta.

Il progetto del Fellini Museum, oltre che un dovuto tributo della città romagnola al suo cittadino più celebre, è da considerarsi come parte di un più ampio piano di rilancio e valorizzazione culturale della città di cui fanno parte anche attività quali la ristrutturazione, nel 2018, del Teatro Galli (lo inaugurò Giuseppe Verdi nel 1857) e l’inaugurazione, nel 2020, di Part – Palazzi dell’Arte, al cui interno  è esposta la collezione d’arte contemporanea di Fondazione San Patrignano. L’omaggio affettivo di Rimini al regista Premio Oscar è dunque sostenuto da un progetto di sviluppo e ricerca: l’obiettivo dell’Amministrazione Comunale – nelle persone dell’attuale sindaco Jamil Sadegholvaad e del suo predecessore, Andrea Gnassi – è la trasformazione di Rimini in meta turistica culturale in ogni periodo dell’anno.

Il Museo come strumento di riprogettazione urbana

Il polo museale diffuso ha inoltre il merito da ridisegnare, da un punto di vista urbanistico, architettonico e infrastrutturale, il cuore pulsante della città, restituendo ai cittadini riminesi un’area, quella del centro storico, dall’altissimo valore storico-artistico che per anni aveva svolto funzioni poco nobili: da parcheggio per auto a sede del mercato cittadino.

Il team creativo che ha dato vita al Fellini Museum è numeroso: in testa lo Studio Azzurro – in particolare, il co-fondatore Leonardo Sangiorgi -, a cui è stata affidata la direzione artistica nonchè l’ideazione del progetto multimediale e immersivo; subito dopo l’architetto Orazio Carpenzano, che, insieme allo Studio Tommaso Pallaria, ha seguito l’allestimento di Castel Sismondo e del Palazzo del Fulgor; ultimi, ma non per importanza, i curatori del Museo, Anna Villari e Marco Bertozzi.

Il Palazzo del Fulgor

Il Cinemino di Palazzo del Fulgor in cui la filmografia di Fellini viene proiettata a ciclo continuo

Il concept impiegato per strutturare il Museo è assimilabile a quello di un corpo umano. In primo luogo Palazzo del Fulgor, che, con i suoi tre livelli espositivi, rappresenta la “testa” del Museo: in esso sono contenuti l’Archivio digitale, il Cinemino – dove l’intera filmografia di Fellini è proiettata a rotazione – e le Moviole Cittadine, che, imitando in formato digitale gli strumenti analogici di un tempo, consentono ai visitatori di rimontare alcuni estratti dai film del regista. Gli strumenti di studio e ricerca sono comunque affiancati da installazioni ad alto tasso emozionale: nella Stanza delle Parole, ad esempio, è possibile udire la suadente voce di Fellini porsi domande del tipo “cos’è il cinema?”.

Piazza Malatesta

Vista di Piazza Malatesta. In primo piano la panca circolare che richiama la pista circense di 8 e 1/2, sullo sfondo Castel Sismondo

Il percorso che si snoda tra Palazzo del Fulgor e Castel Sismondo – pensato come la “pancia” del Fellini Museum – coincide per buona parte con Piazza Malatesta, considerata invece come le “gambe” del polo museale. Qui i visitatori possono imbattersi nella “Rinocerontessa”, imponente scultura che rappresenta l’animale che appare nell’imprevedibile finale del film E la nave va (1983).   A questo punto, guidati da un percorso sonoro, i visitatori giungono nella vera e propria Piazza, in cui una panca circolare dal diametro di 17 metri rievoca il circo protagonista dell’epilogo di 8 ½ (1963).

Castel Sismondo

Castel Simondo avvolto dai getti d’acqua nebulizzati di Piazza Malatesta

Al di là di un velo d’acqua in grado di produrre un effetto nebulizzante, si incontra finalmente Castel Sismondo, secondo un fantastico canovaccio che vuole far rivivere le surreali atmosfere felliniane. Sulla sinistra, guardando il Castello, si distende il Bosco dei Nomi, dove un triangolo verde accoglie un manto di fiori in pietra e tre lanterne in ferro battuto. Il tutto è ideato da Tonino Guerra,  poeta e sceneggiatore di molti dei film di Fellini: i fiori  riportano i nomi di grandi personaggi del cinema suoi amici, da Fellini a Giulietta Masina, da Marcello Mastroianni a Michelangelo Antonioni.

All’ingresso di Castel Sismondo – rocca quattrocentesca voluta da Sigismondo Pandolfo Malatesta – si viene accolti da una scultura di Alberto Sordi nei panni dello Sceicco bianco (1952), ritratto nell’iconica sequenza in cui entra in scena dondolandosi su una maestosa altalena. Da lì in poi il museo è un susseguirsi di soluzioni interattive che trasportano i visitatori nel profondo dell’immaginario felliniano.

Una monumentale riproduzione di Anita Ekberg nelle sale di Castel Sismondo

Dalle origini al Libro dei Sogni

Si rievoca così l’iniziale attività di vignettista, radiofonico e sceneggiatore di Fellini attraverso la Filza di Fogli, da cui si possono leggere alcune celebri battute della Dolce vita (1960). Passando attraverso Le strade di Giulietta, in cui campeggia una riproduzione del motofurgone di Zampanò in La strada (1954), si giunge, “accompagnati” da Mastroianni, a un pontile adibito a set cinematografico dove riprese della riviera romagnola d’inverno – raccontata da Fellini ne I Vitelloni (1953) – sono presentate dalla voce del regista che parla da un megafono. In esposizione anche alcuni costumi originali dei film di Fellini, tratti dal Casanova di Federico Fellini (1976) e da Roma (1972).

Alla fine del percorso espositivo ecco la sala dedicata al Libro dei Sogni di Fellini, nel quale, su consiglio dello psicanalista, il regista era solito catturare con la sua matita i propri sogni, anche quelli più tenebrosi. Grazie a un sistema multimediale, le sue pagine possono essere sfogliate soffiando su una piuma che, appesa a un filo, volteggia nel vuoto.

Un progetto divenuto realtà

Sono proprio le atmosfere oniriche che si respirano nelle sale di Castel Sismondo, ad aver reso celebre nel mondo il cinema di Fellini. La sua città natale gli dedica oggi uno spazio museale che si prefigge lo scopo di rievocarne il misterioso mondo di immagini e suggestioni, e che non viene inteso tanto come omaggio alla memoria, quanto come un patrimonio artistico in continuo divenire.

“Nulla si sa, tutto si immagina” è una delle battute che Fellini affida al suo ultimo film, La voce della luna (1990). Nel caso del Fellini Museum,  ciò che era stato a lungo immaginato oggi si è tramutato in realtà, permettendo a chi si trovi a passare per Rimini di vivere a 360 gradi il mondo fantastico di uno dei più grandi visionari che il cinema (e non solo) abbia mai conosciuto.

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