San Francesco contempla un teschio di Zurbarán sarà visibile a Roma fino al 15 maggio, in prestito dal Saint Louis Art Museum
È uno dei più grandi interpreti, insieme a Diego Velázquez e Bartolomé Esteban Murillo, della pittura spagnola del cosiddetto “Siglo de Oro”. Sebbene in Italia non sia mai venuto, fu l’unico a guadagnarsi il soprannome di “Caravaggio di Spagna”, riferitogli dal biografo Antonio Palomino nelle sue Vite degli artisti del 1724. Parliamo di Francisco de Zurbarán (1598-1664), che fece sue le profonde innovazioni del Merisi osservando i dipinti dei seguaci, primo tra tutti Jusepe de Ribera. Rarissime sono le sue opere conservate in Italia, e l’unica mostra dedicata al pittore sul territorio nazionale è stata allestita a Ferrara nel 2013. Ora però arriva un’occasione da non perdere, per diverse ragioni.
Intanto, perché ai Musei Capitolini sarà possibile ammirare per due mesi un piccolo ma straordinario capolavoro del grande artista. Ma soprattutto perché il soggetto dell’opera ha una valenza speciale per l’Italia e gli italiani. Si tratta infatti del San Francesco contempla un teschio, in prestito dal Saint Louis Art Museum e visibile a Roma fino al 15 maggio. Il dipinto era in origine parte di una pala d’altare (retablo) conservata nella chiesa carmelitana del collegio di Sant’Alberto a Siviglia. E nonostante le dimensioni contenute, costituisce una delle raffigurazioni più affascinanti del fraticello d’Assisi.
Il santo è vera e propria ossessione pittorica dell’artista, che ripete il soggetto in altri lavori nel corso della sua attività. Qui è raffigurato in piedi, con il caratteristico abito dei cappuccini mentre contempla un teschio che tiene tra le mani. Ai Capitolini l’opera sarà allestita nella Sala Santa Petronilla, idealmente in dialogo con le due tele di Caravaggio in essa presenti, la Buona Ventura e il San Giovanni Battista. E anche con il Ritratto di Juan de Córdoba di Diego Velázquez. Quattro capolavori, dunque, eseguiti nell’arco di circa cinquant’anni, il cui accostamento offre una riflessione sull’arte dei tre protagonisti della pittura seicentesca.