Galleria Poggiali espone a Milano un inedito corpus di lavori realizzati da Veronica Fernandez (USA, 1998), alla prima personale in Italia. Al centro della sua poetica la memoria, l’infanzia, la famiglia e il distacco da essa. In mostra dal 19 gennaio all’11 marzo 2023.
Veronica Fernandez lo promette, attraverso il titolo della mostra: I’ll Never Close My Eyes Again. Non chiuderà mai più i suoi occhi. Un modo per rimanere all’erta o una condanna imposta dal trauma? Può essere l’una o l’altra cosa, o più probabilmente entrambe. Sicuramente è una scelta capace di condurre a una condizione liminare, di confine e passaggio, dove la sfera della veglia dirupa in quella del sonno e strane forme, scene, e incastri sovvengono alla mente.
Ci riferiamo a quello stato quasi confusionale, ma estremamente generativo, in cui immagini e stati d’animo disparati e frammentati si riuniscono in una composizione inaspettata che si rivela complessa, stratificata e tutt’altro che retorica. La stessa condizione, per intenderci, di cui avevamo parlato in riferimento a Victor Man, nella sua mostra a Torino; ma anche quella in cui, per fare un riferimento pop-musicale, Dargen D’Amico ha dichiarato di aver scritto uno dei suoi pezzi più noti, sicuramente il più lungo, Nostalgia istantanea.
Ma torniamo a Veronica Fernandez, in mostra alla Galleria Poggiali di Milano. La pittrice sceglie di non chiudere più gli occhi, almeno nello spazio metaforico dell’arte, e di assorbire le suggestioni visive del particolare stato di coscienza in cui si viene a trovare. Quel che il suo inconscio restituisce sono ricordi d’infanzia, passata con il padre e i fratelli negli Stati Uniti. Sono di origine ispanica e la vita non è sempre semplice. Il periodo della crescita riserva le sue insidie, le esperienze personali si susseguono sullo sfondo di un contesto sociale e familiare che ne esacerba i travagli. Così nella solitudine del proprio essere Fernandez sgrana le ferite, le cicatrici che la vita le ha lasciato. Ma anche i ricordi felici e tutte le emozioni e le relazione che gradualmente hanno determinato la sua essenza personale.
Scene frammentate, bagliori di memoria che l’artista assembla sulla tela senza la linearità di una racconto figurativo, ma legando gli elementi in una miscela irregolare che procede per stimoli e connessioni, allusione e illusioni. Emerge così il turbinio di un’intimità irraggiungibile ma evidente, che nell’arte trova la sua sublimazione. Anche lo spazio della Galleria – che ospita cinque tele, sei disegni, due poesie e un’installazione di Fernandez – si trasforma in una casa, dove le opere diventano le immaginarie foto appese alle sue pareti.
Ci troviamo rappresentate scene di vita ordinaria, momenti trascorsi tra le mura di casa con gli affetti più cari; occasioni di festa, come il 4 luglio, dove lo scorrere dei giorni sembra avere un sussulto; istanti di ribellione, dove i bambini (presentissimi nelle opere di Fernandez) hanno la possibilità di sovvertire l’ordine costituito, per esempio impugnando le cinture, spesso utilizzate come strumento punitivo e repressivo; notti di introspezione, in cui i pensieri diventano macigni insostenibili e il giorno pare lontano.
Fernandez, attraverso un uso preciso del colore (che è acido, lisergico, assolutamente antinaturalistico) e la miscela di astratto e figurativo, rende queste scene stati mentali, affreschi emotivi che dalla sua dimensione personale si ampliano verso l’universalità a cui tutta l’arte ambisce. L’installazione, The Dryer, riporta queste visioni psicologiche a una dimensione reale. Il calorifero è quello della casa in cui Fernandez è cresciuta, e su cui il padre poggiava i vestiti perché si asciugassero più velocemente e fossero a disposizione dei figli. Un gesto delicato che in esposizione diviene estremamente potente.
I suoi personaggi sono figure fragili e combattive al tempo stesso, intrise di nostalgia e di una segreta energia, pronta ad esplodere e riscattare le difficoltà vissute. Trovando vita nello spazio impalpabile dell’arte, esse colgono l’occasione di riscattarsi, di perdonare se stesse e gli altri, di affrontare i propri traumi e trasformarli in forze generative. Scoprono quali sono stati i momenti fondanti della loro identità, quali sono stati in passati i passaggi cruciali della loro esistenza. E quale può essere, oggi e in futuro, il loro posto nel mondo.