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Fotografare il lavoro: al Mast la mostra dei cinque artisti del quindicesimo Grant

Hicham Gardaf, Khalid (dittico – diptych), 2022
Doppio compleanno per la Fondazione Mast a Bologna: quindici sono gli anni del Mast Photography Grant On Industry And Work, per affrontare attraverso le immagini le problematiche legate al mondo dell’industria e della tecnologia con i sistemi del capitale, mentre dieci sono gli anni di apertura della sede in via della Speranza. E si festeggia con una mostra

La Fondazione Mast ha la sua missione nella diffusione della cultura della fotografia industriale, rendendosi promotrice di iniziative grazie alle quali – da tempo – possiamo ammirare le immagini di fotografi provenienti dalle più disparate parti del mondo. Il Mast Photography Grant On Industry And Work / 2023 rappresenta la settima edizione del concorso fotografico su industria e su lavoro della Fondazione Mast, in cui presentati i lavori di cinque giovani artisti: Farah Al Qasimi, Hicham Gardaf, Lebohang Kganye, Maria Mavropoulou, Salvatore Vitale, selezionati tra cinquantatre candidati, le cui opere saranno esposte fino al 1° maggio 2023.

Il vincitore è risultato essere Hicham Gardaf (Tangeri, 1989) con il progetto dal titolo In Praise of Slowness, secondo il parere della Giuria composta da Isabella Seràgnoli, François Hébel, Milo Keller, Michael Mack, Simon Njami, Alona Pardo, Giovanna Silva, Urs Stahel, Francesco Zanot, mentre la menzione speciale è stata attribuita a Lebohang Kganye. La mostra, a cura di Urs Stahel, è arricchita anche dai lavori dei ventiquattro finalisti delle edizioni precedenti del concorso; ciò consente di apprezzare culture e punti di vista differenti, provenienti dalle diverse voci degli artisti.

Il percorso espositivo, celebra sia i dieci anni dalla fondazione del Mast (2013), sia l’impegno profuso per l’organizzazione del Grant, in corso da quindici anni, essendo il primo stato assegnato nel 2008. La fotografia, con i suo linguaggio diretto e chiaro, permette una rappresentazione della realtà, che consente di scoprire e notare particolari o situazioni non conosciute.

Come sostenuto da Urs Stahel: «La Fondazione MAST, attraverso il MAST Photography Grant on Industry and Work offre a giovani fotografi l’opportunità di confrontarsi con le problematiche legate al mondo dell’industria e della tecnologia con i sistemi del lavoro e del capitale, con le invenzioni, gli sviluppi e l’universo della produzione. E spesso, il loro sguardo innovativo e inedito ci costringe a scontrarci con incongruenze, fratture, fenomeni e forse perfino abissi che finora avevamo trascurato o cercato di non vedere».

Ed è proprio questo che i giovani artisti selezionati esprimono nei loro lavori, nei progetti realizzati: viene riportato e documentato l’impatto prorompente della tecnologia e della rivoluzione industriale, ormai ben oltre la quarta e come essa abbia e stia influenzando una repentina variazione nel mondo del lavoro. I progetti dei cinque artisti selezionati presentano delle diversità, ma sono accomunati dalla riflessione sul mondo ad essi circostante e dalla constatazione di come il cambiamento esterno abbia influenzato e stia favorendo lo sviluppo di nuove forme di attività lavorative.

Maria Mavropoulou, Untitled 9, 2022

Il percorso espositivo accoglie i visitatori con l’opera dell’artista Maria Mavropoulou (Atene, 1989) dal titolo In their own image, in the image of God they created them, realizzato attraverso un algoritmo di intelligenza artificiale, un software di conversione text-to-image, attraverso il quale sono state realizzate delle immagini dai tratti molto particolari, geometrici e caratterizzati dalla ripetizione nello spazio di alcuni elementi. La riflessione indotta dall’artista si basa sulle infinite potenzialità alla base dell’intelligenza artificiale e si chiede se un domani l’I.A. potrà essere autonoma anche nella creazione di opere d’arte, cariche ancor di più di significato.

Lebohang Kganye, Prigioniero al lavoro alla manutenzione – Prisoner doing the general work, 2022

Lebohang Kganye (Johannesburg, 1990), nel progetto Keep the Light Faithfully, che ha ricevuto la menzione speciale da parte della Giuria, racconta, in un lavoro non solo fotografico, ma creato attraverso i ritagli di sagome di personaggi fotografati e incollati sul cartone, incastonati in scene teatrali dalle dimensioni ridotte, ma sapientemente illuminate, la storia delle guardiane dei fari del XIX e del XX secolo in Sud-Africa, prendendo ispirazione dalla vicenda di Ida Lewis, narrata nel libro The Lighthouse Keeper’s Daoughter (2010) da Lenor Skomal.
Al ritorno dal suo viaggio in Sud-Africa, finalizzato alla conoscenza e all’approfondimento delle storie di queste donne, l’artista constata che i fari ormai sono tutti automatizzati e quell’attività lavorativa è destinata a finire. Tuttavia, ella non rinuncia alla creazione di immagini legate a tali storie e inscena alcune situazioni realmente accadute, creando un linguaggio innovativo e ricco di suggestioni e profondità non solo espressiva, ma anche visiva.

In Praise of Slowness è il progetto vincitore della settima edizione del Grant realizzato da Hicham Gardaf (Tangeri, 1989), attraverso il quale l’artista evidenzia la contrapposizione presente tra il centro di Tangeri, legato alla tradizione, caratterizzato dalle mura, che ne definiscono il perimetro, e dai passi lenti e silenziosi e la città in fortissima espansione dove la velocità e l’innovazione sono protagoniste indiscusse. Nello specifico, il lavoro presentato, caratterizzato da fotografie, con presenza anche di un video, è basato sul racconto dell’attività svolta dai venditori ambulanti di candeggina, attività ormai in estinzione, i quali si sono trovati ad affrontare una grandissima domanda durante il periodo pandemico, cercando di soddisfare le richieste attraverso mezzi tradizionali contrapponendosi così ai nuovi metodi di lavoro caratterizzanti la cultura capitalista.

Salvatore Vitale, La situazione si sta facendo confusa – It’s getting confusing out there, 2022

Il progetto elaborato da Salvatore Vitale, (Palermo, 1986) dal titolo Death by GPS cerca di stabilire il rapporto che c’è tra gig economy e l’attività legata all’estrazione del nuovo oro, sia in termini di materia prima da estrarre per la costruzione di prodotti informatici, sia in termini di dati. Il lavoro sviluppato nella regione del Gauteng, in Sudafrica, vicino a Johannesburg, si basa sul montaggio di fotografie di eventi realmente accaduti e video riprese di sabotaggi inscenati, al fine di far rilevare lo sfruttamento subito dai gig workers e di come la società capitalistica influisca sui comportamenti e sul sentire delle persone.

La multiculturalità è alla base del progetto elaborato da Farah Al Qasimi (Abu Dhabi, 1991), che racconta la convivenza tra la popolazione americana e quella araba nella città di Dearborn, in Michigan, sede della Ford Motor Company e città natale di Henry Ford e di come la città abbia subito una radicale trasformazione sotto l’impulso della cultura araba.

Il percorso espositivo, arricchito dalle opere degli artisti delle passate edizioni, si conclude con il lavoro di Sohei Nishino, partecipante a quella del 2018, con il lavoro dal titolo Po, opera dalle grandi dimensioni e di grande impatto, formata da piccolissime immagini della Pianura Padana. Avvicinandosi alla superificie, è possible ammirare un diorama, in cui protagonisti sono i vari viaggi dell’artista.

Il Mast Grant si conferma essere, anche in questa settima edizione, portatore di innovazione e riflessione sul mondo attraverso l’approfondimento e lo sguardo di giovani artisti capaci di portare storie dalle differenti parti del mondo e di raccontare una realtà sempre più in trasformazione, influenzata dalla velocità dell’innovazione.

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