A Venezia un nuovo modo di intraprendere il viaggio verso est, grazie all’apertura della nuova galleria IN’EI, che guarda all’oriente come fonte di dialogo e riflessione con l’occidente
Una delle cose che più continuano ad affascinarmi di Venezia è la sua storia a doppio filo con l’oriente. Di classico si conoscono, ad esempio, i viaggi di Marco Polo verso la Cina, racconti che in lungo e in largo hanno coperto pagine e pagine di libri storici ma anche romanzati, ad esempio le Città invisibili di Italo Calvino o allo stesso Milione di Polo, e ogni volta che ci penso non posso che chiedermi: cos’è cambiato in tutti questi secoli?
Nella magia del viaggio verso oriente e della sua importanza non solo commerciale ma anche filosofica e spirituale, ci ritroviamo grazie alla nuova galleria IN’EI che nasce con lo scopo ben preciso di creare nuove connessioni tra Asia Orientale ed Europa, un obiettivo decisamente intrigante e altrettanto contemporaneo.
Con la loro prima mostra a cura di Pietro Gaglianò e con opere stupende dell’artista performer e fotografo Gao Bo, la sensazione è che questa galleria sia qui per rimanere e farci viaggiare verso oriente in maniera sublime e con l’attenzione di chi vuole veramente creare un rapporto con il pubblico della laguna, ma sopratutto un rapporto con ciò che ci accomuna tra oriente ed occidente.
Nella mostra “GAO BO高波OFFERTA Venezia-Himalaya” di Bo, c’è un gran bel racconto visivo molto audace in alcuni punti ed altrettanto poetico con Mandala offering, Tibet, installazione fotografica ambientale composta da mille pietre un numero non a caso anzi, specifico ed identificativo della cultura tibetana che definisce l’Infinito come di diretta ispirazione alle pietre marniy, elemento devozionale della spiritualità buddista tibetana.
Su ogni pietra, l’artisa ha impresso i ritratti fotografici di donne e uomini, giovani e anziani, con una serie di numeri che rimandano alla numerazione dei prigionieri, atto di spersonalizzazione praticato da tutti i regimi della storia vecchia e nuova. Tra i tanti ritratti spicca un omaggio al poeta tibetano recentemente scomparso Lu Beng Ci Ten: l’intera installazione, infatti, nasce nel 2012 (a Venezia viene adattata all’ambiente) dal forte legame dell’artista con la cultura tibetana; non è solo un’offerta alle persone rappresentate e a tutto il loro popolo, ma anche una riflessione sulla vita, sulla morte, sulla memoria e sulla relatività del tempo. La mostra è composta di più opere tutte altrettanto interessanti ma ve ne voglio sottolineare una nello specifico per non togliervi il piacere della visita: TIBET 1985-1995 Photographs par Gao Bo, un libro di artista co-pubblicato dal MEP Museo Europeo della Fotografia di Parigi e da Artron, che se non conoscete è il principale stampatore nonché editore di libri di belle arti cinese. Un libro che offre un accesso privilegiato al lavoro dell’artista e al suo rapporto con la cultura himalayana, attraverso le fotografie scelte tra le diverse migliaia scattate dall’artista in formato 35mm, in bianco e nero, tra il 1985 e il 1995 nel corso di suoi diversi viaggi in Tibet. Il libro d’artista è composto da due quaderni in edizione limitata e numerata (da 1 a 50), il libro-evento raccoglie 146 stampe già presenti in collezioni di prestigiosi musei e istituzioni importanti di tutto il mondo.
In tutto il lavoro di Bo ci si immerge nella memoria, senza alcun dubbio, e il parallelismo con l’occidente in questo è evidente anche se noi tendiamo (non sempre fortunatamente) a ricordare solo ciò che ci interessa: qui, invece, la memoria non ha interessi, ma è ciò che storicamente deve essere. La galleria IN’EI apre i battenti a Venezia con una mostra decisamente interessante, per nulla scontata e che fa sperare bene per i prossimi eventi. Potete visitare la mostra GAO BO高波OFFERTA Venezia-Himalaya fino al 24 aprile 2023 e prestate attenzione: potreste ricordarvi non solo di cose dimenticate ma anche di quanto la memoria storica di un altro popolo in un altro luogo sia molto più vicina a noi di quanto non pensassimo.