Anche nell’arte tematiche che associamo alla sinistra appaiono monopolizzate da sistemi e nomi ricorrenti che sembrano essere di destra
Ultimamente sono andata a Palazzo Strozzi a vedere la mostra Reaching for the stars da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye. Mi è sembrata una bella mostra, strutturata bene e con testi di critica molto chiari. Una mostra che tratta tematiche abbastanza importanti come ad esempio la funzione dei corpi, lo stato sociale femminile, la condizione degli esseri umani contemporanei. Una mostra che può colloquiare con il pubblico e che volgarmente definirei molto “instagrammabile”, forse con dei sottili slanci di nazionalismo, ma comunque piacevole anche se a una certa ho sentito il bisogno di scappare dal palazzo.
Questa necessità l’ho avvertita anche durante la visita al museo Novecento all’esposizione su Lucio Fontana. Chi mi conosce sa che per Fontana ho un’ammirazione quasi totalizzante ed è proprio per questo che ho un grandissimo dubbio rispetto a quella circostanza. Lucio Fontana è stato ricontestualizzato in una esposizione, anche in questo caso, molto chiara. Il dialogo con le fotografie di Ugo Mulas, le riflessioni sulla sfera femminile, tutto politicamente corretto. Tutto un contesto capace di rientrare perfettamente nelle riflessioni contemporanee.
Italia baronale
Eppure tutte le tematiche sopracitate che politicamente abbracciano una sfera di sinistra mi appaiono così monopolizzate da sistemi e nomi ricorrenti che sembrano essere di destra. Mi risulta davvero difficile ultimamente abbandonare i pregiudizi legati alle politiche espositive, ai nomi dei curatori che sono sempre gli stessi e agli artisti spacciati per contemporanei che da troppo tempo ormai hanno cristallizzato il dibattito nazionale. Non riesco più a leggere testi e libri di critica scritti dai vari Sgarbi che provano invano a definire lo stato delle cose. A prescindere, sbagliando, mi viene da scartare quei quattro o cinque nomi che rimuginano sul tradizionale intellettuale che non aiutano il pensiero contemporaneo italiano ad evolversi.
L’Italia mi sembra così baronale. La vedo dominata da sei o sette famiglie che da secoli ricoprono gli stessi ruoli. L’arte italiana la vedo divisa in politiche di destra e politiche ecclesiastiche che sovvenzionano i vari Jago in una pericolosissima ricerca retorica compassionevole della cristianità. Mi chiedo quale sia il futuro delle riflessioni espositive. Quando qualcuno metterà realmente in discussione le teorie di Bonito Oliva semplicemente perché è giunto il momento di farlo, perché ci sono i presupposti e perché la nostalgia romanticizzata del passato lascerà spazio a politiche intellettuali legate ad una vera Resistenza.