Bruno Ceccobelli porta la sua riflessione sulle tensioni fra arte “terapeutica” e arte “ludica”. Svelando insospettabili anticipazioni storiche
L’umanità circola ancora nel buio, confusa. Vorrei veder girare persone più umane, più celestiali e, per quanto riguarda gli artisti, vorrei che facessero il Giuramento di Ippocrate: “primum non nocere”; naturalmente lo chiamerei il Giuramento di Apollo. Avrete capito che per me l’arte è quella intesa come Medicina dell’Anima e quindi ammiro solo gli artisti taumaturghi, cioè gli artisti guaritori! La missione è guarire l’odierna società apoplettica perché bloccata e colpita dall’ictus del pensiero materialista… per tutto questo c’è una sola cura: l’Arte terapeutica.
Senza dubbio l’arte del non far niente potrebbe essere scambiata per la “buona estetica” Taoista o Zen. In realtà a quei tempi in Oriente i saggi esortavano il fare senza finalità speculative e fuori dagli schemi sociali. Un fare spontaneo, vicino allo scorrere libero delle energie naturali. Nel secolo scorso, all’opposto, l’artista Marcel Duchamp e i suoi colleghi Dadaisti, Neo-Dadaisti e Pop diedero l’avvio all’arte di Michelaccio*: “divertirsi” con l’arte. Proposero nei loro Ready Made un’arte totalmente mentale, totalmente materialista, tautologica, ma non furono loro i primi spiritosi “avanguardisti”.
Il mio amico calabrese Franco Flaccavento, valente pittore, mi ricorda situazioni accadute nei secoli precedenti, per esempio durante l’Ottocento. “A Parigi, a Rue de Marignan, al numero 14, nella Camera delle Meraviglie, erano esposte alcune opere del gruppo artistico Les Arts incohérents del 1882, fondato dal giornalista Jules Lévy. Si trattava di diverse composizioni monocrome di Alphonse Allais effigiate nei sette colori primari. Una tavola tutta bianca dal titolo ‘La prima comunione di giovani anemiche in un tempo nevoso’. E una interamente rossa dal titolo ’Raccolta dei pomodori dei cardinali apoplettici sulle rive del Mar Rosso’. E sono del 1883; il pittore Paul Bilhaud, nel 1882, presentava già una tela completamente nera, prima del quadro nero del pittore russo Kazimir Malevič, esposto nel 1919. Il ritratto di una dama della Belle Époque senza volto di Marc Sonal del 1884 si intitola ‘Cruelle énigme’. Gli incongrui ottocenteschi idearono anche una Venere di Milo barbuta e una Monna Lisa ‘accessoriata’… che fumava la pipa… Dunque questi intellettuali satirici anticiparono con la loro anti-arte la famosa Gioconda con i baffetti di Marcel Duchamp” .
Cornelis Norbertus Gysbrechts, nel Seicento, dipinge a Trompe l’oeil una vanitas still life, una tela “stagliata” dal telaio, facendo intravvedere lo spazio vuoto del retro. Un taglio avo di Lucio Fontana? Il suo capolavoro: dipingere il retro di una tela… un’idea afferrata poi dai contestatori della Biennale di Venezia del 1968 che girarono i quadri verso le pareti.
Nello stesso momento i suoi coetanei Domenico Remps e Federico Gianlisi si pregiarono di dipingere “sbizzarrendosi” un quadro nel quadro… come proseguì René Magritte o come il nostro contemporaneo Giulio Paolini.
Nel Barocco Spagnolo c’è stato il famoso pittore Francisco de Zurbarán che ha creato una natura morta con quattro “contenitori” uno accanto all’altro… che ti fanno sentire il silenzio del tempo perduto. E subito un pensiero sospeso va al nostro Giorgio Morandi.
Ancora dentro il Seicento, l’eccentrico fiorentino pittore e incisore Giovanni Battista Bracelli diede alle stampe le sue Bizzarrie. Scene con immagini di uomini e donne stilizzati in figure geometriche e assemblati con arnesi dei vari mestieri, risultando degli affascinanti robot.
Altro pittore cinquecentesco, il ligure Luca Cambiaso, abile disegnatore. Negli studi preparatori per i suoi affreschi, prediligeva strutturare le figure in cubi e parallelepipedi; potevano anche costoro essere stati gli atavici precursori dei Cubisti e dei Surrealisti?
Dalle grottesche di epoca romana, alle nature morte, dalle wunderkammer alle camere o gabinetti delle meraviglie, dagli scarabattoli ai trompe l’oeil delle meraviglie, tutte queste malinconiche memorie iconiche rievocano con stupore… tanti Ready Made celebrati come novità solo nel Novecento. Queste tele hanno sicuramente rilassato frustrazioni sociali e fatto passare la noia ai collezionisti aristocratici e ai borghesi, rimpinguando le magre tasche, ma hanno veramente liberato l’individualismo da se stessi? Quest’arte ludica avrà rinfrancato il corpo, ma forse ha intossicato lo Spirito.
Non voglio essere un estetista fondamentalista, né un cinico esistenzialista, ma il senso della funzione dell’azione artistica nella mia vita è sempre stato quello di una tensione ad una rinnovata sublimazione. Una lenta autocoscienza poetica, filosofica e spirituale, catartica, operatrice di vere guarigioni. Occorre perciò essere saldi, avere dedizione e devozione, umiltà e contemplazione e tempo per saper cavalcare il sacro caso, non è per uomini di buona volontà o per tutti gli artisti, ci vuole fede… L’arte terapeutica ha un motto: “A Dio per Dio”.
*L’arte di Michelaccio si riferisce ad una storia rinascimentale: quella di Michele Panichi, fiorentino, che arricchitosi non volle far più niente… e in veneto si commenta così: “Te si come Michelasso, te piase magnar, bever, e ndar a spasso!”.