Ci sono storie che nascono davvero da lontano e che portano con sé quella bellissima frase del famoso detto: “Nessuno è profeta in patria”, un preambolo onesto per parlare della prima personale di Alfredo Volpi in Italia dopo tanto tempo, ma tanto per davvero
Come in tantissime, agli inizi del Novecento, la famiglia Volpi parte per le Americhe in direzione Brasile. Il piccolo Alfredo ha qualche anno, e lì crescerà. Quello che quel bambino non può immaginare, come tanti su quelle navi dirette nel nuovo mondo con la grande speranza di trovare la cosiddetta fortuna, è che il suo nome in Brasile prenderà un posto di rilievo nel campo delle arti figurative.
Salto di un secolo e qualcosa e arriviamo ai giorni nostri: Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato inaugura la retrospettiva italiana di Alfredo Volpi, uno dei protagonisti dell’arte brasiliana del Novecento. Curata da Cristiano Raimondi, un altro italiano che ha trovato più fama fuori dai confini italici che dentro, questa mostra offre un’ampia panoramica sulla straordinaria produzione del pittore modernista nato a Lucca nel 1896 e trasferitosi poi a São Paulo.
Attraverso la sua poetica, Volpi ci invita a esplorare il mondo attraverso gli occhi di un poeta visivo che narra attraverso immagini fatte di architettura urbana e di spiritualità.
Le sezioni tematiche della mostra svelano la complessità della sua pratica artistica (affascinante la volontà stessa dell’artista di occuparsi di tutto quello che era la sua opera, perfino della realizzazione delle cornici), evidenziando il suo incessante dialogo con la cultura popolare, l’artigianato e le tradizioni artistiche internazionali. La mostra “Alfredo Volpi: Lucca – São Paulo, 1896 – 1988” espone circa 70 opere che percorrono la storia di questo artista “italiano”, dalle sue prime opere degli anni Quaranta fino ai capolavori degli anni Settanta. È un percorso interessante e non privo di particolarità attraverso i momenti salienti della sua carriera; in alcuni punti si può scoprire quanto l’artista sia ancora vicino alla sua patria, come ad esempio osservando la tecnica a tempera che Volpi utilizzò fino alla sua maturità pittorica, nonostante fosse completamente “fuori moda” tra i modernisti suoi coscritti: per Volpi si trattava di omaggiare la pittura dei grandi maestri italiani quali ad esempio Giotto o i tanti toscani che aveva visto in uno dei suoi viaggi italiani.
La scelta del Centro Pecci per ospitare questa retrospettiva assume un significato simbolico particolare: sottolinea l’importanza di questa esposizione nell’ambito della nuova direzione intrapresa dall’istituzione, che mira a consolidare il ruolo del museo come protagonista dell’arte contemporanea in Italia. Stefano Collicelli Cagol, direttore del Centro Pecci, ribadisce l’importanza di questa mostra nel contesto dell’anno dedicato al paesaggio e al territorio toscano, confermando l’impegno dell’istituzione nel promuovere e sostenere i linguaggi contemporanei.
La mostra di Volpi al Centro Pecci offre al pubblico un’opportunità unica di conoscere l’opera di questo maestro, di scoprire la sua poetica visiva e apprezzarne l’impatto che ha avuto sull’arte contemporanea. E confermando il Centro Pecci come un museo che presta attenzione a progetti innovativi e fuori dalle classiche dinamiche espositive.