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Da Sherman a Vezzoli, la condizione umana nell’epoca digitale

Margherita Manzelli "S" , 2000 Olio su lino, 150x220 cm Photo Credit Studio Vandrasch Courtesy dell’artista e Collezione Giuseppe Iannaccone
Cindy Sherman, Untitled #555, 2010/2012, Stampa cromogenica a colori, 86×59 cm, Edizione 9/10+2 AP © Cindy Sherman
Courtesy dell’Artista e Hauser & Wirth, 34 3/4 x 24 inches (frame size), 88.3 x 61 cm
Giuseppe Iannaccone nato ad Avellino, avvocato di professione, cultore d’arte per passione e collezionista per vocazione, dagli anni settanta a Milano, nel 2023 apre il suo studio legale ai giovani artisti e lancia la sua fondazione in corso Matteotti 11 (piazza San Babila), con questa mostra “Da Cindy Sherman a Francesco Vezzoli: 80 artisti contemporanei”, a Palazzo Reale, stringe con la sua città ideale uno scambio tra pubblico e privato, e debutta come mecenate, condividendo con i milanesi e curiosi di diversa provenienza 140 opere mai esposte prima.

Otto anni dopo l’esposizione in Triennale, incentrata sugli artisti italiani del Novecento, l’avvocato espone a Milano una parte della sua prestigiosa collezione. Iannaccone inizia il suo percorso collezionistico negli anni ottanta, puntando sull’arte moderna italiana, in particolare quella degli anni trenta e quaranta, con opere di quel periodo storico in bilico tra classico e moderno. In seguito il collezionista si è naturalmente avvicinato all’arte contemporanea, una evoluzione naturale data la sua curiosità intellettuale per capire i cambiamenti culturali e sociali attraverso l’arte sempre in dialogo tra presente e passato.

La mostra è parte del programma di Milano Art Week 2025, promossa da Comune di Milano, Palazzo Reale e Fondazione Giuseppe Iannaccone, con la produzione esecutiva di Arthemisia, a cura di Daniele Fenaroli con il supporto scientifico di Vincenzo De Bellis, è suddivisa in undici sezioni – troppe a dire il vero, alcune si potevano accorpare per associazioni narrative e tematiche -, è una immersione nell’arte dagli anni settanta ad oggi, concepita come un diario visivo che esplora le difformità del nostro tempo intorno al tema dell’identità, rappresentazione del corpo, multiculturalismo e identità di genere inclusa.

Margherita Manzelli, “S”, 2000, Olio su lino, 150×220 cm, Photo Credit Studio Vandrasch, Courtesy dell’artista e Collezione Giuseppe Iannaccone

L’esposizione è accompagnata da una installazione sonora per pianoforte a parete, synth e samples, dal titolo “Possiamo andare da un’altra parte?” a cura di Dario Mangiaracina (La Rappresentante di Lista), e sala dopo sala scoprirete opere ammantate dall’oscurità, che rispecchiano gli interessi e il gusto del collezionista, che narrano le storie personali degli artisti emergenti e di fama internazionale, offrendo attraverso immagini diversissime una panoramica sulla contemporaneità.

Percorrendo l’esposizione si evince che l’arte italiana, passando da Luigi Ontani a Wangechi Mutu o Raqib Shaw, è connessa a quella globale, aldilà di confini generazionali, geografici o culturali, e rappresenta lo sguardo aperto e poliedrico dell’avvocato sul nostro mondo sempre in divenire.

Paola Pivi, Senza titolo (asino), 2003, Stampa fotografica incorniciata, 180×224 cm, Fotografia di Hugo Glendinning, Courtesy Massimo De Carlo e Collezione Giuseppe Iannaccone

La mostra funziona per associazioni, simboli e corrispondenze di opere di artisti di differenti generazioni e provenienze, e questo taglio “prismatico” sulla complessità della contemporaneità, ruota intorno non a una identità ma diverse, intrecciando relazioni tra visioni differenti su nuclei tematici volti all’introspezione e all’indagine delle dinamiche in relazione alla società e allo sfaldamento di archetipi culturali. Bisogna andarci con il desiderio di immergerci in una realtà distopica ma coerente al tema, onirica e affascinante che mette in discussione il cliché del corpo e della bellezza.

Il corpo, il ritratto sono generi legati alla tradizione e all’innovazione, nel presente aprono riflessioni sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale, i diritti civili e rappresentano la libertà di esprimersi superando barriere culturali mescolando tradizione e innovazione.

Il viaggio dentro la contemporaneità inizia con la sala monografica dedicata a Cindy Sherman e suoi Untitled Film Stills degli anni settanta, 6 opere con una varietà di personaggi che esplorano il concetto di identità e la rappresentazione del corpo femminile intrappolato nel desiderio maschile. Queste immagini ci permettono di ripensare canoni, visioni, sguardi e attese. In questa prima sala si passa dalle opere iniziali Untitled #130 (1983), alla serie Fashion, in cui Sherman esplora i cliché della bellezza femminile nella pubblicità di moda. Spiccano Untitled #555 (2010/2012) quelle della serie Clown, con volti dal trucco eccessivo e parrucche che fanno tenerezza, amplificano il disagio del ruolo del clown e, paradossalmente del nostro ruolo nella società, aprendo riflessioni sulla complessità della costruzione di un io privato e sociale non sempre allineati in diversi contesti culturali.

Marinella Senatore, The School of Narrative Dance: Little Chaos #2, 2013, Stampa su carta Hahnemühle, 160×300 cm, Photo Credit Studio Vandrasch, Courtesy l’artista e Collezione Giuseppe Iannaccone

Seguono come un fiume in piena le opere di Nan GoldinFrancesco VezzoliLisetta CarmiLisa YuskavagePiotr UklanskiGrayson Perry, capace di ritrarre i disagi e le incongruenze della nostra società. Tammy Nguyen e Roberto Cuoghi indagano concetti di metamorfosi, Tracy Emin tratta la vulnerabilità femminile, Shadi Ghadirian riflette sulle restrizioni culturali e le tensioni del mondo islamico, Hayv Kahraman e Hiba Schahbaz affrontano il corpo come spazio di memoria. Tra gli altri Hernan BasNicole Eisenman, creano un dialogo sul corpo, sulla fluidità, mentre Marinella SenatoreAdrian PaciMassimo Bartolini e Hannah Quinlan, esplorano esperienze collettive e l’evoluzione dei ruoli sociali. Queste e altri artisti indagano l’identità come processo di autenticità, ponendo al centro il ritratto umano; un genere classico legato alla committenza e rappresentazione dello status sociale, e il corpo nell’arte contemporanea strumenti espressivi soggettivi in rapporto alla società.

Volti e corpi, generi tradizionali che ri-trattano l’identità, trasformazione e ripresentazione di sé mostrano una dimensione altra in bilico tra naturalezza, inquietudine, autenticità e artificialità.

E in questo fitto intreccio di linguaggi, approcci e visioni dentro il nostro tempo, con opere di Francesco GennariElizabeth PeytonPaolina OlowskaJon CurrinMichael BorremansMarcello MalobertiVictor ManCatherine OpieRineke DijkstraLiu Xiaodong e Juan Munoz, l’uomo entra in relazione con l’inconscio e con il mondo animale, come svela l’immaginario di Paola Pivi, che utilizza la figura dell’animale per sovvertire canoni e meravigliare lo spettatore.

Nicole Eisenman, Beasley Street, 2007, Olio su tela, 165,5×208,5 cm Courtesy the artist and Hauser & Wirth © Nicole Eisenman

Anche le opere di Allison KatzPietro Moretti e altri artisti intrecciano narrazioni tra loro. I dipinti a muro prevalgono, poche le sculture, sono indimenticabili quelle di Kiki SmithGiulia CenciNathalie Djurberg & Hans Berg e Kiss (2001) di Marc Quinn in marmo di Carrara che affronta temi legati all’inclusione, alla diversità e alla rappresentazione del corpo. Fluttuando tra le sale oscurate gli spettatori la mostra si chiude con le opere di Laura OwensPatrizio MassimoMargherita Manzelli e tanti altri con corpi ritratti nell’intimità, sospesi tra fragilità, allegoria, mitologia e realismo, all’insegna di un immaginario per lo più onirico e straniante.

L’allestimento fitto di opere affastellate tra loro, non permette di soffermarci sui dettagli di ogni singola opera, perché ciascuna immagine è carica di significati, simboli e associazioni culturali che annullano la barriera tra passato e presente.

In mostra osserviamo corpi non necessari, volti performativi, creature ibride reali e immaginarie, figure in progress di creature dall’identità metamorfica, passate al setaccio da cosmesi ad alta tecnologia, in bilico tra esotismo, manierismo, erotismo sublimato, profetizzano un’alleanza tra uomo, natura e tecnologia, ma chissà poi cosa diventeremo!

Il corpo del nuovo millennio è un sofisticatissimo progetto di design, quasi robotizzato, che realizza forme variabili dell’identità e look, con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale. Soprattutto è lo strumento per esibire e affermare la propria identità nel Beauty hi-tech business in cui non c’è confine tra naturale e artificiale; e il corpo nell’arte contemporanea ci rispecchia e smaschera l’io ipertrofico di una società individualista, sterile e narcisista, in cerca di chissà quale umanità.

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