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“Eh Lampu!”. Daniele Puppi: il gesto filosofico dell’arte

Coyote Venus, Daniele Puppi Coyote Venus, Daniele Puppi
Coyote Venus, Daniele Puppi
Coyote Venus, Daniele Puppi
Ancora pochi giorni per visitare la mostra di Daniele Puppi all’Accademia di San Luca: rimarrà aperta al pubblico fino al 6 dicembre. La mostra di Puppi è un atto filosofico: ci spinge a guardare oltre i confini del reale e a interrogare le nostre certezze

“Il mio occhio si fissa su quel punto
E si ingrandisce; e io mi apro tutto come
Un gorgo sotto quel oggetto”
Paul Valéry

C’è, nelle opere di Daniele Puppi, una dimensione spazio-temporale che insieme diverte e spaventa: una vertigine che ci trascina verso il terrore per poi, forse, concederci un inatteso rasserenamento finale. È la sua firma, la sua insistenza: “colpire” l’osservatore, ferirlo quasi, inquisendo la realtà con l’urgenza di afferrare ciò che non si vede. L’istante, che Puppi cerca di cogliere, è un lampo – “Eh, lampu!” – un’esclamazione che racchiude l’eloquenza di ciò che accade in un solo, irripetibile momento.

Ed è proprio questa tensione verso l’istante, questa capacità di far vibrare lo spazio e il tempo, che rende del tutto insufficiente qualunque tentativo di inquadrare l’opera di Puppi. Chi vuole archiviare Puppi nella cosiddetta “videoarte” non ha capito nulla. Anche se i suoi riferimenti sono cinematografici, ciò che Puppi produce non è cinema; della videoarte conserva solo le matrici, ma il suo lavoro eccede, sfugge i perimetri di questa disciplina. In breve: considerare Puppi un videoartista sarebbe un grande errore.

Perché, in fondo, la sua ricerca si spinge altrove: si dirige verso quel punto in cui la realtà sembra dissolversi nella luce. Non vediamo il reale, ma solo ciò che la luce ci permette di vedere. La luce modella lo spazio e plasma la nostra percezione; e allora, dove finisce lo sguardo e dove comincia la realtà? È reale la parete imbiancata, o lo sono le immagini di luce che vi scorrono sopra? Se tutto è illusione – muro e proiezione – dov’è il reale?

 

Los Angeles, Daniele Puppi
Los Angeles, Daniele Puppi
Memoria, luce e mondi possibili

E così lo spazio, in Puppi, diventa una fusione incandescente di memoria, luce e mondi possibili. Non sorprende che una delle sue prime opere, Il Lancio del Sasso, lo ritragga mentre, dalla sponda di un fiume, scaglia pietre verso l’orizzonte, come se anche lì cercasse di oltrepassare quel confine invisibile tra ciò che è e ciò che appare. Così fanno tutte le opere di Puppi: erodono i muri, dissolvono la fisicità, ci accompagnano attraverso la luce in uno spazio possibile. Ma non si tratta di paradisi astratti come in Rothko: i suoi luoghi sono concreti e densi di memoria privata e collettiva, saturi di rumori, tonfi, ossessioni, vita e, spesso, claustrofobia. L’occhio, da solo, non basta: è il corpo intero a essere coinvolto nell’esperienza, a percepire lo spazio e a viverne la tensione.

Questa tensione si manifesta con forza in Coyote Venus: una donna nuda, immobile su massi inerti, tranquilla solo in apparenza. La brezza che muove i capelli è l’unico segno di vita. La vediamo di spalle, sospesa tra calma e disperazione, tra desiderio di altrove e impossibilità di evasione. Non c’è serenità, ma attesa; un presagio trattenuto davanti a un limite invalicabile, un confine che definisce l’esperienza stessa dell’opera. Il tema del limite si estende anche alla dimensione urbana: la ripetizione ossessiva di un frammento di Los Angeles – elicotteri, fari, flash, rumori – crea un quartiere che si ripresenta identico, come una psicosi visiva, senza via d’uscita.

 

Tom & Jerry, in The Chain, Daniele Puppi
Tom & Jerry, in The Chain, Daniele Puppi
Il limite

E perfino un innocuo episodio di Tom & Jerry, in The Chain, diventa, nella manipolazione di Puppi, un dispositivo spietato: un loop nevrotico che mette a nudo la psicologia dei confini infranti, della violenza, della compulsione a ripetere il gesto aggressivo. È qui che si manifesta il fulcro della sua opera: il limite, e la sua continua, tormentata ridefinizione. La vita stessa ci accompagna e ci spinge fuori dai limiti, obbligandoci a confrontarci con la tensione tra espansione e controllo.

Ogni seme che diventa albero ne è testimonianza: la forza vitale può crescere, espandersi, ma se non governata rischia di diventare distruzione. L’uomo, trasformando l’energia naturale in spinta aggressiva, sembra aver scelto la sopraffazione, e i nostri tempi ne sono la testimonianza. Puppi, con le sue immagini che si ripetono fino allo sfinimento, ci costringe a guardare in faccia ciò che da sempre ci tormenta: la violenza, il male, il dolore, la follia. Ci pone davanti allo specchio della nostra condizione e non ci permette di distogliere lo sguardo, obbligandoci a una riflessione che è insieme estetica e morale.

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