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Joseph Cornell by Wes Anderson: è magia da Gagosian Parigi

Installation View, artwork 2025 The Joseph and Robert Cornell Memorial Foundation/Licensed by VAGA at Artists Rights Society (ARS) New York. Photo: Thomas Lannes, Courtesy Gagosian
Installation View, artwork 2025 The Joseph and Robert Cornell Memorial Foundation/Licensed by VAGA at Artists Rights Society (ARS) New York. Photo: Thomas Lannes, Courtesy Gagosian
Si è aperta a ridosso delle feste di Natale nella centralissima rue de Castiglione a Parigi, a due passi dalle vetrine dello shopping da sogno parigino, quella che è probabilmente anche la più bella e concettuale delle mostre di questo 2025: «The House on Utopia Parkway: Joseph Cornell Studio Re-Created by Wes Anderson», in collaborazione con Jasper Sharp, e allestita in vetrine non qualunque ma quelle di Gagosian, il brand dell’arte contemporanea per eccellenza.

Ciò che è davvero eccezionale in questa ricostruzione dello studio del Queens dell’artista newyorkese – nel caso di Cornell, artista culto per i surrealisti, per intenderci quello a cui Marcel Duchamp affidò la direzione artistica della sua Boîte-en-valise, museo portatile e opera chiave per ogni discorso a venire sulla museografia e le installazioni site specific dell’arte contemporanea.

Installation View, artwork 2025 The Joseph and Robert Cornell Memorial Foundation/Licensed by VAGA at Artists Rights Society (ARS) New York. Photo: Thomas Lannes, Courtesy Gagosian

Una ricostruzione minuziosa che comprende anche pezzi originali. Più di trecento oggetti e curiosità della collezione personale di Joseph Cornell, prestati dal suo centro studi e dallo Smithsonian American Art Museum di Washington. Un regalo al pubblico ma anche all’artista, che raramente si spostò da quella casa al civico 37-08, che divenne luogo di culto visitato da pochissimi e selezionati ospiti, tra i quali Max Ernst, Dorothea Tanning, Walter De Maria, Rauschenberg, una giovanissima Kusama e scrittrici come Susan Sontag, oppure collezionisti davvero speciali come Billy Wilder o Tony Curtis. Un artist’s artist, Cornell, che pur restando pressoché sconosciuto al grande pubblico espose le sue opere da Peggy Guggenheim e Leo Castelli. Davvero eccezionale questo diorama allestito a due passi dal Louvre, luogo che l’artista non visitò mai ma al centro delle sue fantasie compositive, e ricostruito da Wes Anderson in collaborazione con Cécile Degos sulla base dei racconti di chi l’aveva visitato e delle fotografie di Harry Roseman. La Parigi di Cornell è tutta nelle sue scatole, nelle sue raccolte di oggetti e nell’uso di capolavori come il Pierrot di Jean-Antoine Watteau, per il quale creò uno dei suoi pezzi più onirici, A Dressing Room for Gilles, nel 1939, che campeggia nella mostra con la figura centrale del quadro ritagliata e sospesa a un filo, che si muove su un fondo di carta da parati a discrezione di chi l’osserva.

Joseph Cornell, Pharmacy, 1943 – The Joseph and Robert Cornell Memorial Foundation/Licensed by VAGA at Artists Rights Society (ARS) New York. Photo: Dominique Uldry, Courtesy Gagosian

Scatole e oggetti, memorie e cut-up di un bambino, un uomo e un artista diventato grande troppo in fretta e che, dopo la scomparsa del padre, ha dovuto prendersi cura del fratello disabile e delle sorti della famiglia. Una sensibilità acuita dalla responsabilità di seguire il rischio delle sue ossessioni, sapendo che ciò che distingue l’artista dall’uomo d’intrattenimento è di prenderne tutti i rischi. Opere che sono state la cura per il moderno, come quel cabinetPharmacy del 1943, appartenuto a Teeny Duchamp, la seconda moglie di Marcel, che con le sue bottigliette riempite di materiali organici, testi o ali di farfalla ed altre medicine per l’anima è di per sé un manifesto e contiene tutto il Damien Hirst futuro e tanta ossessione per la raccolta e il vintage dell’arte della fine del XX secolo. E siamo tutti al di là di un vetro, dietro al quale erano stati magicamente ricomposti in frammenti ossessioni e reliquie di una storia dell’arte impossibile e contemporaneamente nel backstage della cultura “occidentale”, raccolta nel seminterrato di una casa americana. Eccoci con il nostro smartphone a inquadrare il QR code di un luogo che rimane inaccessibile, come ci spiegano gli uomini della sicurezza davanti a quelle vetrine che costruiscono tesori di un mercato dell’arte a prezzi inarrivabili, e beato chi può permettersi di acquistare oggi un Joseph Cornell. Una splendida operazione a due passi da un museo, il Louvre, in cui i vetri si rompono, con i guardiani in sciopero e una direttrice sull’orlo delle dimissioni per un recente furto rocambolesco. Per fortuna c’è il lavoro degli artisti come Joseph Cornell con le sue fragilità, e quello di un regista acuto come Wes Anderson, che nella commedia dell’arte dei nostri giorni sembrano averci assegnato un ruolo che non è solo quello dei guitti e dei “comedians” che consumano la storia del mondo solo con uno sguardo distratto.

Joseph Cornell

 

 

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