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Claudio Baglioni, ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi di “Agonia”


Intramontabile. Claudio Baglioni per la musica leggera è come un abito di Prada nell’armadio di una giovane donna alto borghese: intramontabile. Forte del successo ottenuto come conduttore del Festival di Sanremo 2018 (confermata la sua presenza sul palco dell’Ariston anche per il 2019), il buon vecchio Claudio, mai stanco, ha visto i posti a sedere del suo tour Al Centro andare via veloci.

Tanti nostalgici, fan che nonostante gli anni di ripetute collezioni e poche novità non si sono stancati di stargli dietro, alcune nuove facce, più giovani, approcciatesi alla sua musica dopo il protagonismo e la sicurezza del cantautore romano al festival della musica italiana.

Che bello scoprire, a notte fonda, per le strade di Torino, che il suo non è stato solo un vano tentativo di tornare alla ribalta. I sold out e gli applausi sono ad uno ad uno più che meritati: 3 ore di concerto, tutti gli “immancabili” della sua discografia, accompagnati con scenografie degne di uno spettacolo a teatro. Insomma, un’emozione da vivere per chi tempo fa ancora non c’era, un brivido da ricordare per chi invece ha visto la musica di questo grande cantautore crescere.

Mentre ci si accomoda le note di Signora Lia fanno da sfondo. Ed è subito un tuffo negli esordi di colui che tutti nei primi anni chiamavano scherzosamente Agonia. Claudio entra confondendosi con i ballerini, ed è subito standing ovation sulle dolci note di Questo Piccolo Grande Amore, forse una delle tracce più memorabili di tutta la musica italiana. Seguono, proprio come l’album-racconto del 1972 vuole, l’allegra e scanzonata Porta Portese, la più struggente Quanto ti voglio e la dolce Con tutto l’amore che posso.

Amore bello non ha bisogno di grandi coreografie, Claudio gira per il palco e lascia al pubblico il (facile) compito di ripetere parola per parola il ritornello (note che ad oggi anche una grande voce come la sua fa fatica a toccare). Quella lentigginosa e un po’ restia “ragazza” del classico W l’Inghilterra fa saltare la platea che torna poi a cantare sul masterpiece Io Me Ne Andrei.
E poi? Poi un coro unico e intonato che ripete “E adesso non ci sei che tu, soltanto tu e sempre tu”. Neanche un breve intermezzo sprecato in piccole perle, in ricordi o in battute: Claudio si racconta con la sua musica – e che gran modo di raccontarsi. I ragazzi del corpo di ballo “seduti su una panchina” sulle note di Poster, quel passerotto di Sabato Pomeriggio, il palco, severamente centrale, che pare spostarsi lungo le strade di Quante Volte. Claudio non perde una nota, si trattiene per quanto possibile sugli acuti centrali dei suoi pezzi per dimostrare al termine di ognuno di essi la sua estensione con piccole variazioni a salire. Lo si vede sorridere, invecchiato solo all’anagrafe, ma ancora pieno di grinta nel ballare al centro del palco. Forse questa “matta gioventù” che si sente addosso dipende tutta dal non cantare, dal non camminare più Solo com’era nel lontano 1977.

Le successive (poco meno di) due ore sono riempite a ritmo serrato con successi quali E Tu Come Stai?, Notte di Note Note di Notte, E adesso la pubblicità. I Vecchi, Le Ragazze dell’Est e Via aprono la strada alla straordinaria Strada Facendo: recente il commento modesto di Claudio: «Forse con questa canzone il Festival di Sanremo l’avrei vinto». Difficile rispondere ora, ma indubbiamente la sua interpretazione al festival sarebbe stata più gradita di quel remake discutibile firmato dal curioso trio Nek, Francesco Renga e Max Pezzali – ecco, questo è un tentativo di tornare alla ribalta andato male.

La Vita è Adesso è stata probabilmente la canzone meglio reinterpretata di tutto il concerto: pubblico in subbuglio per la traccia bandiera dell’album che ad oggi è il più acquistato a livello nazionale (oltre 2 milioni di copie). Mille Giorni di Te e di Me apre quella che definirei la terza e ultima fase di Claudio, con brani di successo come Io Sono Qui, Cuore di Aliante e Sono Io.

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