Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Francesco Pacelli
Come passi la giornata, dove e come lavori? A cosa stai lavorando?
In tempi normali di non pandemia, trovo che la mia pratica e quella di molti altri artisti che conosco consista già in una sorta di quarantena perenne. Vedere improvvisamente tutto il mondo catapultato in quella condizione di isolamento che cerco nel mio studio, mi ha personalmente fatto sentire come se stessi in realtà partecipando a un rito collettivo, aspetto che in generale credo abbia abbassato il mio livello di concentrazione. I primi giorni li ho passati infatti in maniera piuttosto apatica. Per fortuna ero riuscito a recuperare la macchina fotografica e del materiale per lavorare su carta, per cui ora sto eseguendo a casa un ciclo di disegni che mi sta assorbendo molto e ho realizzato inoltre alcuni lavori digitali per Virtual Archipelago, un progetto online insieme ad altri artisti internazionali che spero in futuro possa diventare una mostra fisica.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Non ho mai creduto tanto al concetto di sviluppo lineare del tempo, penso sia semplicemente il migliore codice possibile a disposizione delle persone per potersi coordinare tra loro e scandire al meglio le proprie attività. Abbiamo deciso a tavolino il fatto che oggi sia il 2020 e l’anno prossimo sarà il 2021, mentre la realtà dei fatti è che oggi c’è il sole e domani sarà uguale, ciclicamente. Questa reiterazione senza orari ma scandita solo dall’alternanza di luce e buio è molto percepibile in questi giorni di isolamento. Lo spazio invece e in generale tutti i sensi, stanno a mio avviso subendo delle trasformazioni importanti dal punto di vista della possibilità di fruizione e utilizzo. Molte attività stanno tentando di spostarsi verso una dimensione virtuale, filtrata dagli schermi dei nostri device. Mi chiedo come possa farlo l’arte, uno dei pochi ambiti dove ancora la fisicità dell’opera e delle relazioni personali giocano un fattore di interazione piuttosto importante.
Leggere, scrivere, riflettere.
Al momento sto leggendo Sabbie bianche di Geoff Dyer e un saggio sull’interazione uomo-macchina di Hanna Fry, oltre a consultare in maniera ossessiva cataloghi di ogni genere. Mentre lavoro invece mi accompagno con musica o conferenze su Youtube, ma non nego che social/internet/tv spazzatura costituiscano una fossa piuttosto difficile da evitare nei numerosi momenti morti che si propongono in questi giorni confusi e destabilizzanti.
Prima cosa che farai quando finisce quarantena?
Vorrei tornare a trovare la mia famiglia in Umbria anche se non so quando sarà effettivamente possibile e sicuro spostarsi da Milano. Nell’immediato, sento già forte la necessità fisica di tornare in studio a produrre ma anche di fare qualche ariosa passeggiata in montagna.