Alcune strappano un sorriso, altre scuotono l’anima. Nessuna lascia indifferenti. Nella mostra Margaret Bourke-White. Prima, donna, oltre 100 fotografie compongono un susseguirsi di emozioni altalenanti a cui abbandonarsi, attraversando il Novecento di pari passo con la straordinaria vicenda umana di una pioniera dell’immagine. A Palazzo Reale, Milano fino al 14 febbraio 2021.
“(…) oltre a essere un fotografo sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto”. Così scriveva Margaret Bourke-White della sua esperienza a Life, del cui primo numero realizzò copertina e reportage, facendone col tempo la sua seconda casa. In effetti, se c’è una cosa su cui non c’è dubbio è che la fotografa statunitense era un essere umano speciale. Carattere determinato, istinto temerario, fu la prima (e non, spesso, la prima donna) in una serie di imprese: arrampicarsi sulle colate di ferro delle fonderie per realizzare ritratti industriali da una prospettiva inedita, praticare la fotografia aerea, documentare la Russia del piano quinquennale e ottenere una sessione di posa da Stalin. E ancora, la prima a testimoniare le atrocità del campo di concentramento di Buchenwald o ad entrare in sintonia con Gandhi, ritraendolo poche ore prima della morte. Infine, la prima, dopo una vita da ostinata avventuriera, a mostrarsi vulnerabile davanti all’obiettivo di Eisenstaedt, durante una lotta contro il Parkinson che la accompagnerà fino alla morte, nel 1971.
Fino al 14 febbraio 2021, Palazzo Reale di Milano ospita Margaret Bourke-White. Prima, donna. Curata da Alessandra Mauro, la mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano | Cultura, da Palazzo Reale e da Contrasto, in collaborazione con Life Picture Collection. Oltre 100 immagini provenienti dall’archivio Life di New York compongono un percorso cronologico sviluppato per il lungo, che consente, man mano che si avanza in mostra, di penetrare sempre più a fondo in alcuni degli eventi salienti del secolo scorso e, soprattutto, nell’avventurosa vicenda umana della fotografa nata a New York nel 1904.
Undici i gruppi tematici in cui è divisa l’esposizione. Si parte da L’incanto delle acciaierie, che esplora i primi lavori industriali di Bourke-White sul finire degli anni ’20: spicca l’immagine del petto tatuato di un operaio, tanto moderna nel soggetto e nel taglio da sembrare scattata ai giorni nostri. “Per lavorare ho dovuto coprire la mia anima con un velo”, scrisse invece del conturbante reportage Nei campi, che documenta l’orrore di Buchenwald nel 1945 attraverso una serie di immagini tanto dure quanto necessarie. Si passa poi per Voci del Sud bianco (1956), unica sezione a colori della mostra. Il lavoro riflette sul tema del segregazionismo con un approccio al contempo leggero e brutale, come nella fotografia che ritrae tre operai di colore affaticati dal lavoro e un bambino biondo che li osserva dall’alto della sua bianchezza.
Tra le fotografie esposte nei formati canonici, costellano la mostra alcuni ingrandimenti ad hoc che sembrano esplodere dal muro, catturando presto lo sguardo. Tra le altre cose, Bourke-White aveva la capacità di mirare dritta all’essenza sia che scattasse da molto vicino sia che scattasse da molto lontano. Talvolta, componeva immagini tanto azzeccate da sembrare più raccolte sul set di un film di De Sica o di uno spot pubblicitario che non nella realtà. Non raramente sorge spontanea la domanda di come e dove, fisicamente, riuscisse a catturarne alcune, tanto è insolito e straordinario il punto di vista.
A concludere il percorso, il progressivo spegnersi della carriera, e presto anche della vita della fotografa. In La mia misteriosa malattia, Bourke-White si lasciò ritrarre dal collega Alfred Eisenstaedt nella quotidianità della sua lotta contro il Parkinson. Lei che si era sempre presentata tanto bella e impeccabile da sembrare mitica, non ebbe timore di mostrarsi debole e piegata da una forza a cui non potè sottrarsi. In quel momento si dedicò alla scrittura completando l’autobiografia Portrait of Myself, che fu pubblicata nel 1963. “Costretta a dedicare il mio tempo agli esercizi, ho scoperto la soddisfazione di misurare i piccoli miglioramenti e avere così, di nuovo, la sensazione di poter ancora controllare la mia vita – una consapevolezza per me fondamentale”. In tempi incerti e inclini allo sconforto come quelli che stiamo vivendo, Bourke-White fotografa, e soprattutto donna, è una potenza ispiratrice che invita a vivere la vita in ogni sua sfumatura, abbandonandosi alla parte più umana del nostro essere.
Informazioni
dal 25 settembre 2020 al 14 febbraio 2021
Palazzo Reale, Milano
martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9,30 – 19,30
giovedì 9,30 – 22,30
Intero 14 euro, ridotto 12 euro
*Montana, 1936.©Images by Margaret Bourke-White. 1936 The Picture Collection Inc. All rights reserved