Il documentario di Laura Poitras “All the Beauty and the Bloodshed” (2022) sull’artista Nan Goldin e la sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per le morti di overdose da farmaco, è uno dei 15 film selezionati per la categoria “documentari” agli Oscar 2023
Il film è stato distribuito all’inizio di quest’anno e ha ricevuto ampi apprezzamenti da parte della critica. Attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati, racconta l’attivismo di Nan Goldin negli ultimi anni. Si apre con gli interventi di P.A.I.N., un gruppo da lei fondato nel 2017 per indurre i musei a rifiutare i fondi Sackler, per aiutare le persone dipendenti da droghe e per denunciare il sistema farmaceutico.
“All the beauty and the bloodshed” racconta anche alcuni lavori della Goldin. Da The Other Side, Sisters, Saints and Sibyls e Memory Lost alle mostre Ballad of Sexual Dependency e Witnesses: Against Our Vanishing del 1989, quest’ultima conosciuta come la leggendaria mostra sull’AIDS censurata dal National Endowment for the Arts.
Nel documentario si raccontano anche le proteste al Louvre, al Metropolitan Museum of Art e in altre istituzioni che hanno ricevuto donazioni significative dai Sackler, che hanno dato il loro nome a gallerie o sezioni dei musei. Il film ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
Del scandalo della famiglia Sackler si sono occupati anche altri registi. Ricordiamo ad esempio la miniserie di Danny Strong con Michael Keaton “Dopesick“, che racconta quella che è stata definita dal New York Times ‘La crisi di droga più letale della Storia americana’. Sempre l’illustre giornale della Grande Mela in un articolo ha intitolato un pezzo su questo lavoro “Nan Goldin e Laura Poitras: due artiste, un film devastante“.
Laura Poitras ha commentato: «Ho iniziato a lavorare a questo film con Nan nel 2019, due anni dopo che aveva deciso di sfruttare la sua influenza come artista per denunciare la responsabilità penale della ricchissima famiglia Sackler nell’alimentare la crisi da overdose. Il processo di realizzazione di questo film è stato profondamente intimo. Nan e io ci incontravamo a casa sua nei fine settimana e parlavamo. All’inizio sono stata attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia e ha successivamente versato denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria. Ma mentre parlavamo, ho capito che questa era solo una parte della storia che volevo raccontare, e che il nucleo del film è costituito dall’arte, dalla fotografia di Nan e dall’eredità dei suoi amici e della sorella Barbara. Un’eredità di persone in fuga dall’America.»