“Speriamo sia l’ultimo!” è un titolo perfetto per sintetizzare il mix di ironia e realismo che avvolge la quinta edizione di *Extraordinario Workshop*. La frase, pronunciata con un sorriso divertito da Valentino Girardi di Vulcano Agency, è forse una battuta di spirito, ma racchiude l’essenza di un progetto che ha saputo crescere e persistere nel tempo, anche contro le probabilità iniziali.
Cinque edizioni sono un traguardo che non tutti riescono a raggiungere, specialmente nel contesto dell’arte contemporanea, dove novità e freschezza sembrano essere requisiti fondamentali. Eppure, *Extraordinario* ha continuato il suo percorso, evolvendosi e adattandosi, come un organismo vivente che si nutre delle energie creative di chi vi partecipa.
Cosa rende *Extraordinario* così speciale? Sicuramente non l’istituzione accademica che lo ha accolto, come si potrebbe ingenuamente pensare. In realtà, il vero merito va ai curatori Nico Covre e Daniele Capra, che hanno lavorato dietro le quinte per garantire la continuità di questo esperimento artistico. Se l’Accademia di Belle Arti di Venezia ha capito tardi che “la cosa funzionava”, i curatori lo sapevano fin dall’inizio. Il loro lavoro, fin dai tempi del Covid-19, ha permesso a studenti ed ex studenti di proseguire la loro ricerca artistica, in un periodo storico in cui gran parte dei laboratori e delle attività accademiche erano sospese. Ed è proprio in questo contesto che il workshop ha dimostrato di essere una delle poche realtà resilienti, capace di adattarsi e sopravvivere alle sfide del mondo esterno.
Per l’Accademia, *Extraordinario* rappresenta oggi un vero e proprio fiore all’occhiello. Un laboratorio che, nato dalla necessità e dall’iniziativa autonoma degli artisti stessi, si è trasformato in una piattaforma stabile e riconosciuta. Un progetto che non solo permette agli studenti di sperimentare, ma che si è rivelato anche un ottimo veicolo di comunicazione per l’istituzione stessa, soprattutto in tempi in cui la visibilità e la reputazione sono essenziali per sopravvivere. Insomma, per l’Accademia è una sorta di jackpot inatteso. Ma per chi ha partecipato sin dall’inizio, *Extraordinario* è ben più di una semplice operazione di marketing culturale.
Eppure, non possiamo esimerci da qualche osservazione critica. Certo, cinque edizioni sono un numero rispettabile, e rimanere freschi e rilevanti non è affatto semplice. Spesso si rischia di cadere nella ripetitività o, peggio, nell’autocompiacimento. E sebbene *Extraordinario* sembri riuscire a mantenere una certa vitalità, non si può negare che, in alcune delle opere esposte, affiori ancora una certa immaturità. Si percepisce l’inesperienza di alcuni giovani artisti, e a tratti si nota una dose di indecisione nei lavori presentati. Tuttavia, è proprio questo il bello di un workshop come questo: l’imperfezione non è solo tollerata, ma celebrata. In un mondo in cui tutto deve essere perfetto e confezionato, qui si dà spazio al dubbio, all’errore, al tentativo.
Nonostante le inevitabili incertezze, *Extraordinario* è comunque un progetto che osa. Osa nella scelta degli spazi – il Padiglione Antares di Marghera, con le sue dimensioni monumentali, rappresenta una sfida fisica e mentale per chiunque vi metta piede. Qui, 121 artisti hanno lavorato fianco a fianco per quattro mesi, producendo oltre 200 opere, molte delle quali di grande formato. Un’impresa ambiziosa, che ha richiesto agli artisti di adattarsi a nuove scale, nuove proporzioni, e di rivedere il loro approccio al processo creativo. Non è un caso che, durante il workshop, alcuni abbiano dovuto reimmaginare completamente il proprio modo di lavorare, dilatando tempi e modificando gesti e prospettive. È un’esperienza che, nel contesto accademico tradizionale, sarebbe quasi impensabile.
Ma qui sta il punto: *Extraordinario* non è tradizionale. È nato come un gesto di ribellione, un atto di resistenza creativa in un momento in cui tutto sembrava destinato a fermarsi. Era il 2020, in pieno lockdown, e 100 giovani artisti dell’Atelier F dell’Accademia di Venezia decisero di prendere in mano il proprio destino. Organizzarono autonomamente uno spazio collettivo di lavoro, sfidando le chiusure istituzionali. Fu allora che nacque il sodalizio con Vulcano Agency, un’alleanza che, oggi, continua a portare avanti il progetto con successo.
L’edizione 2024 si distingue per un importante ricambio generazionale: una nuova ondata di giovanissimi artisti si affaccia sul panorama creativo italiano, pronti a mettersi alla prova e a farsi conoscere. La mostra, che rimarrà aperta fino al 22 novembre, è un concentrato di energia, con opere che spaziano dalla pittura figurativa a lavori più astratti e processuali. Non tutte le opere brillano, è vero, ma il punto non è questo. Il valore di *Extraordinario* non risiede nella perfezione, bensì nel processo, nell’esperienza collettiva, nel confronto costante tra artisti emergenti e professionisti affermati. È qui che il progetto trova la sua forza, e forse anche il suo vero significato.
Nonostante le inevitabili ombre che si proiettano su ogni iniziativa di lunga durata, il progetto continua a pulsare di vita propria. Il vero interrogativo, a questo punto, è: cosa ci riserverà il futuro? Forse la sesta edizione sarà ancora più audace, o forse, come scherzava Girardi, sarà davvero l’ultima. In ogni caso, una cosa è certa: finché ci sarà un gruppo di artisti pronto a spingersi oltre i propri limiti, ci sarà sempre spazio per un altro *Extraordinario*.
E chissà, magari la battuta di Girardi rimarrà solo questo: un buon titolo per una storia che, fortunatamente, non è ancora giunta alla sua conclusione.