C’è qualcosa di visceralmente umano nel guardare un dipinto e sentirsi visti. Due mostre, appena inaugurate alla Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo a Thiene — “Fragments of Reality” di Chiara Enzo e “Stavo cercando il tuo cuore lì dentro ma ho trovato solo latte” di Cecilia De Nisco — ci ricordano il potere della pittura di avvicinarci a quel confine sfocato tra osservare e comprendere, tra superficie e anima.
Perché parlare di pittura oggi, e in particolare di quella contemporanea, sembra lo sport nazionale dell’ultimo anno, con progetti che spesso sono stati privi di vera ricerca e attenzione, evitando chi di pittura se ne intende per davvero, chi davvero la sa fare. E a Thiene, fatalità, un altro luogo della provincia veneta, ci sanno fare: la famiglia Bonollo, che da moltissimi anni colleziona, guarda, studia e compra giovani artisti.
Nella loro fondazione ecco una doppia mostra con due pittrici diverse, ma unite nella pratica quotidiana della pittura: quella vera, quella che serve.
Chiara Enzo, con una delicatezza spietata, scava nei dettagli del corpo umano: una nuca, un ventre, un letto disfatto. I suoi dipinti, realizzati su carta con pastelli e tempera, sembrano sospesi in un tempo che non si muove mai. L’intimità dei suoi soggetti ci sfida a stare immobili, a immergerci nel momento, a porci domande scomode: cosa vediamo davvero quando guardiamo il corpo? E cosa ci rivelano queste frammentarie visioni su noi stessi?
Entrando nella mostra, la prima opera che ci accoglie, Nuca di B., colpisce per la sua semplicità disarmante: il collo di una ragazza, catturato con una precisione quasi clinica, è un monumento alla vulnerabilità. Non si può fare a meno di sentirsi attratti, come se quel dettaglio appartenesse anche a noi, una memoria o un sogno lontano. È qui che la pittura di Enzo dimostra il suo valore: ci invita a un dialogo lento, quasi meditativo, con ciò che normalmente scivola via troppo in fretta.
Cecilia De Nisco, invece, abbraccia il movimento e l’ambiguità. I suoi corpi, dinamici e frammentati, oscillano tra desiderio e violenza. Le sue opere, create appositamente per l’ex Chiesa delle Dimesse, sono come finestre verso momenti congelati in un equilibrio precario. È pittura che pulsa, che lotta contro il vuoto, che grida senza mai alzare la voce.
Quello che unisce queste due artiste, oltre alla loro padronanza tecnica, è la capacità di rendere la pittura un atto di resistenza. Oggi tutti noi siamo costantemente sommersi da immagini digitali effimere, i lavori di Enzo e De Nisco ci costringono a rallentare, a osservare, a sentire. C’è una bellezza brutale in tutto questo, una sfida implicita: riusciremo mai a essere presenti come lo sono queste opere?
La Fondazione Bonollo, al suo debutto come crocevia per l’arte contemporanea, non avrebbe potuto scegliere un inizio migliore. Queste due mostre ci ricordano perché la pittura continua a contare, a commuoverci, a cambiarci. È arte che non cerca di essere spettacolare, ma che osa essere vera. E in questo c’è una straordinaria bellezza.
Le mostre sono aperte fino al 1° marzo 2025. Non perdetele: il cuore della pittura batte ancora, forte e chiaro.