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Il MoMA e il suo nuovo direttore, Cherix: una scelta prevedibile?

Glenn Lowry e Christophe Cherix. Photo: Peter Ross
Glenn Lowry e Christophe Cherix. Photo: Peter Ross
A fine marzo, il mondo dell’arte era in fermento, con una domanda che aleggiava su tutte le bocche: chi avrebbe preso le redini del MoMA dopo il ritiro di Glenn Lowry, che ha guidato il museo per quasi trent’anni? Per mesi, i nomi delle possibili candidate e candidati si susseguivano, alimentando dibattiti infuocati tra esperti, critici e artisti. Il momento di cambiamento che tutti aspettavano, però, è arrivato con una sorpresa che ha lasciato più di qualcuno a bocca aperta.

Il 29 marzo, in una mossa rapida e segreta, il consiglio di amministrazione ha annunciato il successore: Christophe Cherix, curatore capo delle stampe e dei disegni del MoMA, una figura di lunga data nel museo ma praticamente sconosciuta al di fuori delle sue mura. Nessuna delle opzioni più chiacchierate – da Thelma Golden a Deana Haggag, da Sasha Suda a Suhanya Raffel – è stata presa in considerazione. Invece, a guidare il museo dell’arte moderna più influente al mondo è stato un uomo di 55 anni, svizzero, discreto e poco incline ai riflettori.

“Mai sentito parlare di lui”, ha commentato un ex curatore del LACMA. Altri, più sorpresi, hanno osservato che Cherix rappresenta una continuità, non una rottura. La scelta è stata definita da molti come “sicura”, “prevedibile”, persino “conservatrice”. Ma è davvero una scelta senza rischi? Oppure c’è di più dietro la decisione?

La nomina di Cherix non ha suscitato solo curiosità per la sua apparente invisibilità nel panorama pubblico, ma ha anche sollevato interrogativi più ampi sul futuro del MoMA e sulle sfide che il museo dovrà affrontare sotto la sua guida. Con Glenn Lowry che si prepara a lasciare la direzione in autunno, la comunità dell’arte sperava in un nuovo leader che potesse affrontare con coraggio il cambiamento, spingendo oltre i confini del canone tradizionale. Ma Cherix, che ha trascorso 18 anni nel museo, sembra meno un rivoluzionario e più un garante della stabilità.

Il suo curriculum, che comprende la curatela di mostre dedicate a Adrian Piper, Marcel Broodthaers e la raccolta delle opere di Fluxus, suggerisce un interesse per l’arte concettuale e sperimentale. Tuttavia, i suoi sostenitori e critici si chiedono se sia l’uomo giusto per rinnovare il MoMA e ridefinirne il ruolo nel panorama globale dell’arte contemporanea. In un mondo sempre più incentrato sulla diversità e sull’inclusione, Cherix è stato scelto per portare avanti la linea di Lowry, che ha ampliato il canone dell’arte moderna includendo anche voci non europee e non americane. Ma, sarà lui in grado di rispondere alle nuove esigenze di una platea globale sempre più critica nei confronti delle istituzioni tradizionali?

Il MoMA, sotto la leadership di Lowry, ha visto il suo status di museo elitario evolversi in un’istituzione che include maggiormente le voci marginalizzate, dall’arte femminile a quella non occidentale. Una missione che Cherix dovrà probabilmente proseguire, ma con un approccio che potrebbe non essere abbastanza radicale da soddisfare chi sperava in una vera trasformazione.

In effetti, la sua selezione ha alimentato il dibattito su una questione che aleggia sul mondo dell’arte da tempo: è possibile veramente sfidare lo status quo all’interno di una macchina amministrativa come quella del MoMA, che dipende da ricchi collezionisti e donatori?

Mentre alcuni esperti del settore si chiedono se Cherix possa veramente portare una ventata di novità, altri vedono nella sua nomina un segnale rassicurante per i poteri forti che da sempre gravitano attorno al museo. Cherix, infatti, è una figura che ha costruito la sua carriera all’interno del MoMA e che ha sempre mantenuto un profilo basso, lontano dai clamori. La sua esperienza di curatore lo rende perfetto per gestire la collezione e il programma espositivo, ma i detrattori avvertono che potrebbe non essere l’uomo adatto a guidare il museo verso un futuro che sembra sempre più lontano da un mondo dell’arte esclusivamente maschile e bianco.

C’è chi, come Claire Bishop, storica dell’arte, ha sottolineato con un certo disappunto che il MoMA ha scelto la via più prevedibile. Secondo lei, la nomina di un altro uomo bianco potrebbe essere interpretata come una scelta che esclude altre possibilità, relegando le voci più diversificate e radicali ai margini dell’arte istituzionale. In effetti, il mondo dell’arte si aspetta sempre più da una leadership che non solo rappresenti il passato, ma che sia capace di rispondere alle sfide sociali contemporanee, come la necessità di una maggiore rappresentanza di donne, persone di colore e giovani artisti.

Se Cherix si troverà a gestire non solo la curatela ma anche le crescenti pressioni politiche e sociali che emergono nell’arte, dovrà affrontare un’altra sfida complessa: la raccolta fondi. Mentre i collezionisti più giovani sembrano dare priorità ad altre cause, il denaro che una volta veniva indirizzato all’arte potrebbe ora andare verso cause sociali più urgenti. Cherix dovrà saper navigare tra il bisogno di risorse per mantenere il museo in salute e le nuove priorità di una generazione di donatori che potrebbe non vedere l’arte come una causa di investimento altrettanto cruciale.

All’inizio di aprile, durante la sua prima inaugurazione come nuovo direttore, Cherix ha incontrato i suoi ospiti con un’aria discreta e rassicurante, senza stravolgere la tradizione ma cercando di mantenere il museo all’avanguardia. Lo stesso Lowry, che ha lasciato il museo in un clima di cambiamento, ha accolto i visitatori con un sorriso pacato e con il suo tipico stile. La domanda che molti si pongono, però, è: sarà. questa apparente continuità con il passato ciò di cui il MoMA ha davvero bisogno per entrare nel futuro?

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