
La delicatezza della soffiatura veneziana incontra la purezza della tradizione vetraria cecoslovacca nella nuova mostra della galleria Barovier & Toso Arte
Con la sua seconda mostra, la galleria Barovier & Toso Arte apre uno spazio di riflessione attorno a questi interrogativi. Fino al 12 novembre, lo spazio espositivo si trasforma in un palcoscenico in cui il vetro valica la sua dimensione puramente materiale per farsi linguaggio: un medium vibrante, in continua metamorfosi, in grado di raccontare storie, evocare sensazioni e intrecciare un dialogo tra la tradizione secolare veneziana e il patrimonio vetrario della Cecoslovacchia. Barovier & Toso – da sempre simbolo di eccellenza nella lavorazione muranese – apre così le porte della sua nuova galleria ad artisti che considerano il medium del vetro non solo un elemento su cui posare lo sguardo, ma una forma viva di espressione.

È in questo contesto di dialogo tra tradizioni vetrarie che si distingue la figura di Vlastimil Beránek, protagonista dell’esposizione curata dall’azienda muranese. Maestro del cristallo boemo, Beránek rappresenta un punto di incontro tra il passato e il presente dell’arte vetraria: il suo lavoro, infatti, affonda le radici in una tradizione antichissima, ma ne rielabora il linguaggio, portandolo verso direzioni contemporanee. Se la scuola ceca è celebre per la sua precisione, per la raffinatezza nel taglio e nell’incisione del vetro, Beránek supera questi presupposti, trasformando la materia in forme scultoree monumentali, astratte ed essenziali.

Un metodo antico
In questo processo creativo, la tecnica che più contraddistingue l’artista è quella del vetro colato: un metodo antico, le cui origini risalgono alle civiltà mesopotamiche ed egizie, ma che nel XX secolo ha conosciuto una nuova stagione grazie ad artisti come Libenský e Brychtová, pionieri della sua riscoperta come mezzo espressivo scultoreo. A differenza della soffiatura tradizionale, il vetro fuso permette la creazione di forme tridimensionali complesse, che si modellano lentamente negli stampi e che, una volta emerse, instaurano un dialogo con la luce e lo spazio.

Tra pieni e vuoti
Le sculture di Beránek non sono semplici oggetti da contemplare: sono presenze, corpi silenziosi che abitano gli ambienti, li trasformano e, in un certo senso, trasformano anche sé stesse. Con le loro linee essenziali e minimaliste, queste forme non restano mai immutabili; al contrario, sembrano animate da un’energia interna, come se il vetro – monumentale e fragile al tempo stesso – custodisse una propria forza vitale. Un esempio emblematico è Mola Mola Gold, opera in cui il riferimento al pesce luna è chiaramente percepibile, pur nella sua estrema sintesi formale. La figura è allungata, ridotta all’essenza, quasi spogliata fino all’osso: non vi è bisogno di dettagli realistici per evocare l’animale. È una presenza suggerita da poche linee, evocata nel gioco tra pieni e vuoti, in cui la riduzione non annulla il riconoscimento, ma al contrario lo intensifica, esaltandolo attraverso la purezza e l’equilibrio delle linee.

Ogni opera dell’artista è irripetibile, poiché è stata modellata “liberamente” anche attraverso l’uso di uno stampo. La bellezza di ciascun pezzo è amplificata dalla fragilità intrinseca del vetro, dalle sue imperfezioni e dall’imprevedibilità di eventuali rotture, che ne accentuano il fascino e l’unicità. Il lavoro di Beránek è una perfetta dimostrazione di come il vetro possa essere non solo un materiale, ma un mezzo per raccontare una visione artistica. È un invito a riflettere su come il vetro, con la sua trasparenza e la sua capacità di catturare la luce, possa evocare il movimento dell’acqua, la potenza del fuoco, l’energia primordiale che scaturisce dalla materia.













