
«In quanto individui siamo immersi in un ecosistema globale, l’onda d’uro dell’impatto che le nostre azioni hanno sul mondo si estende molto oltre le nostre singole esistenze. […] Da artista, in mio intento è condividere ciò che io e il mio obiettivo abbiamo visto e vissuto per trent’anni, nella speranza di riuscire a trasmettere una maggiore comprensione del nostro pianeta. Non posso dire di essere in possesso di tutte le risposte, ma posso affermare con assoluta certezza che il nostro è un mondo meraviglioso e selvaggio quanto fragile. Prima troviamo il modo di ristabilire l’equilibrio degli ecosistemi, prima potremo verder sorgere un futuro forte di tutti gli insegnamenti della grande saggezza».
Si chiude con una didascalia che riporta queste parole di Cristina Mittermeier la mostra “La Grande saggezza” che le Gallerie d’Italia al Palazzo Leoni Montanari di Vicenza dedicano alla fotografa, biologa marina e attivista messicana. L’esposizione, curata Lauren Johnston in collaborazione con National Geographic, sarà aperta fino al 15 febbraio 2026. Dopo le mostre di Torino (Gallerie d’Italia, 2024) e Palermo (Galleria d’arte Moderna, 2025), “La Grande saggezza” propone un’ampia selezione del lavoro di Mittermeier con fotografie di grande formato, oltre che di grande bellezza e di “impatto emotivo”, capaci di attrarre e coinvolgere immediatamente lo spettatore.
La mostra comprende oltre ottanta fotografie, di cui alcune inedite. Dopo una prima sala occupata da immagini squisitamente etnografiche, il percorso è interamente dedicato a fotografie naturalistiche, prevalentemente con animali selvatici, con gli ultimi ambienti destinati esclusivamente agli ecosistemi marini (nella scelta di impaginare le fotografie in modo così rigido e didascalico risiede forse l’aspetto più debole dell’esposizione, perché viene meno l’idea, ribadita invece con forza nell’apparato esplicativo, dell’interconnessione, e della vicinanza, di ogni forma di vita del pianeta, siano comunità umane, mondo animale o ambiente vegetale).

“La Grande saggezza” evocata nel titolo è quella sapienza ancestrale che lega ogni essere vivente del mondo, nelle note che accompagnano lo spettatore si legge: «per Mittermeier gli esseri umani non sono creature solitarie ma membri attivi di una più ampia rete di vita. Diventa quindi di primaria importanza utilizzare oculatamente le risorse limitate del nostro pianeta»; e ancora: «ogni comunità sulla Terra dipende profondamente dall’ecosistema planetario e le nostre abitudini di consumo di oggi plasmano il domani del pianeta. Muovendoci verso il futuro possiamo trarre importanti insegnamenti dalla grande saggezza del passato». Da questa saggezza che ci precede e, sebbene non ce ne rendiamo conto, contiene, Mittermeier estrapola il concetto di enoughness – significa cioè chiederci di quante cose abbiamo bisogno per dichiararci felici, quando ne abbiamo “abbastanza” per essere soddisfatti. Comprendere quanto per noi è “abbastanza” è il primo passo per sperare di raggiungere un equilibrio con tutta la vita che ci circonda – oltre che con noi stessi.

«Mittermeier – si legge ancora – è fermamente convinta che una narrazione fotografica di impatto sia la chiave per innescare una reazione critica riguardo la cura degli oceani e la conservazione del pianeta». In effetti, le fotografie sono veramente di grande impatto emotivo, passeggiando per le sale delle Gallerie d’Italia non si può non venir colti da un senso di incanto, di meraviglia. Ecco allora che proprio grazie alla meraviglia suscitata da queste immagini – frutto di un intreccio unico di conoscenza del contesto, di competenza scientifica, di abilità tecnica, di uno sguardo paziente e acuto e di una raffinata capacità compositiva – lo spettatore è chiamato a una presa di coscienza e quindi a una assunzione di responsabilità. Questa vita, “meravigliosa e selvaggia quanto fragile” nella quale siamo immersi e che ammiriamo stupiti nelle fotografie, ci riguarda perché ne condividiamo il destino. Mittermeier lo dice, lo mostra, in modo molto semplice e inequivocabile: la distruzione di questa vita – la morte di “questo” fenicottero, di “questo” squalo – è, di fatto, la nostra morte.

Le fotografie aprono lo sguardo su una natura tanto selvaggia quanto lontana e in qualche misura “favolosa”, nel senso che pochi di noi hanno avuto la possibilità di avvicinare, di osservare, quegli animali in quegli ambienti – l’orso bianco nella distesa di neve, il lupo sorpreso nel bosco, lo squalo che danza nel mare. Le fotografie colgono la vita animale, e più in generale la vita nel mondo, in una sorta di equilibrio, di sospensione, i soggetti sono ritagliati dal flusso in cui sono immersi, isolati con precisione in scenari nitidi che fanno da cornice – un’evidente peculiarità dello sguardo e dello “stile” dell’artista. Mittermeier si avvicina con grande rispetto a questa vita “meravigliosa e selvaggia, quanto fragile”, la ferma con il suo obiettivo per restituita allo sguardo stupito di noi umani di città. Lo stupore, l’emozione e quindi l’empatia, ci dice l’autrice, può essere l’abbrivio per provare anche a “pensarla”, questa vita meravigliosa e fragile, per cominciare a elaborare una riflessione, necessariamente intima e personale, sui temi sollevati dalle immagini. Ecco, pensare, è il passo che ci invita a fare Cristina Mittermeier: Etica che si pratica attraverso l’Estetica.













