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Bones and All. Eggleston, Nitsch, Beuys tra i riferimenti artistici del nuovo film di Guadagnino

Bones and all Guadagnino
Eggleston, Nitsch, Beuys tra i riferimenti artistici a cui Luca Guadagnino ha guardato per il suo ultimo film: Bones and All.

É uscito nelle sale italiane Bones and All, nuovo e atteso film di Luca Guadagnino. Star della pellicola è Timothée Chalamet, che con il regista italiano ha raggiunto il successo con Call Me by Your Name (2017). Si ricostituisce così la coppia che a entrambi ha molto giovato. A riproporsi, pur sotto diverse forme, sono anche i tanti riferimenti artistici che Guadagnino dissemina nelle sue opere. E se in altri film – come Call Me by Your Name o Suspiria – le citazioni erano ben visibili, talvolta proprio esplicite, nel caso di Bones and All la situazione è più difficile. Anche perché la vicenda racconta di due ragazzi cannibali.

Bones and All narra di due giovani americani che si avventurano lungo il paese innamorandosi l’uno dell’altro. Maren (Taylor Russell), è stata abbandonata dal padre ed è partita alla ricerca della madre, che l’ha lasciata molto tempo fa. Lee (Timothée Chalamet) ha invece lasciato la famiglia per cercare se stesso. Dopo essersi conosciuti per caso, diventano inseparabili.

Maren e Lee condividono però un oscuro segreto: entrambi hanno un debole per la carne umana. É una condizione da cui non possono fuggire. Sono Eaters, mangiatori, come la loro comunità viene identificata. Per questo vivono in modo contrastato questa loro necessità, dividendosi tra il piacere che ne traggono e il rimorso che ne risulta. La pellicola si configura dunque come un road movie in cui i protagonisti cercano di venire a patti con se stessi e al contempo sondano la forza dell’amore. A fare da sfondo ci sono quindi gli Stati Uniti e i loro paesaggi ampi e solitari. Gli stessi che troviamo negli scatti di William Eggleston.

WILLIAM EGGLESTON / © EGGLESTON ARTISTIC TRUST
William Eggleston © EGGLESTON ARTISTIC TRUST

É stato lo stesso Guadagnino a raccontare di come abbia sfogliato vari cataloghi del fotografo americano per cercare l’ispirazione per Bones and All. In particolare ad affascinarlo sono stati gli scenari desolati dell’America continentale. Interni ed esterni dove la componente umana è ridotta all’osso. A sua testimonianza non rimangono che gli edifici e gli oggetti che l’uomo ha costruito. Come una gelateria dall’aspetto triste con nient’altro intorno; un’auto parcheggiata sotto un cartellone pubblicitario i cui colori si abbinano a quello del suo cofano; una stazione di servizio la cui pompa diesel sta arrugginendo. Scene che ci allacciano ai paesaggi di Bones and All, i quali evocano scenari spettrali, post apocalittici.

Nel film ritroviamo parcheggi vuoti e pittoreschi, ma anche interni di fast food e primi piani sulle posate, citazioni più o meno dirette a Eggleston e alla sua tavolozza di colori pastello. Uno dei pochi (insieme a William Christenberry, Stephen Shore e Meyerowitz), negli anni ’60, a lavorare a colori, considerati poco artistici. Attingendo dalla sua estetica Guadagnino ha trovato un modo per rispecchiare l’alienazione che Maren e Lee affrontano ogni giorno.

Hermann Nitsch [Vienna 1938], Orgien und mistherien theater, 1975, fotografia in bianco e nero 50×65 cm, timbro dell’Archivio Francesco Conz (Verona) al retro.

Ma i tributi artistici non si fermano a Eggleston. L’azionista viennese Hermann Nitsch compare sullo sfondo di Bones and All. Nitsch, deceduto all’inizio di quest’anno, era noto per spettacoli che prevedevano la macellazione rituale di animali, con abbondante ricorso a sangue vero e finto. Performance scioccante destinate a scuotere il pubblico borghese, e spesso a far infuriare gli animalisti. In Bones and All a morire sono solo essere umani, ma i primi piani sulle dita dei protagonisti che affondano nella carne viva e ferita, come anche le immagini dove la pelle viene morsa e strappata, sembrano analoghi ad alcune opere di Nitsch. Sicuramente uno degli artisti più audaci e provocatori della storia del Novecento.

Come fu anche Joseph Beuys. All’artista che più di tutti forse ha unito arte e politica, Guadagnino si ispira direttamente per un personaggio secondario. Si tratta di Sully, lo spettrale cannibale che inizialmente funge da insegnante di Maren, salvo poi diventare sempre più oscuro. L’uomo è spesso vestito con un giubbotto da pesca e un Fedora con una piuma che spunta fuori, forse simbolo del suo essere perennemente a caccia. Lo stesso outfit che l’artista tedesco ha sfoggiato nella maggior parre delle sue performance, una sorta di divisa che immediatamente riconduce alla sua figura.

Joseph Beuys. HORST OSSINGER/PICTURE-ALLIANCE/DPA/AP IMAGES
Joseph Beuys. HORST OSSINGER/PICTURE-ALLIANCE/DPA/AP IMAGES

E infine si torna al principio, ovvero al poster del film, realizzato dalla pittrice Elizabeth Peyton. Nell’opera i due protagonisti si baciano in modo appassionato, si uniscono l’uno all’altra tanto che i loro volti sembrano dissolversi nell’astrazione.

Si intitola Kiss (Bones and All) e si inserisce perfettamente nel solco di altri dipinti di Peyton, che spesso ritrae giovani in atteggiamenti amorosi. Come del resto i poster che l’artista aveva dipinto per un altro film di Guadagnino, Call me by your name. In quel caso l’opera – Elio, Oliver (Call me by your name) – raffigurava i due protagonisti mentre si abbracciavano appassionatamente. Sempre di Peyton il pennello che ha dipinto il poster di un’altra pellicola del regista, Suspiria.

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