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Che ne sarà di noi, cari amici dell’arte?

C’è un’aria calma qui al Motel. Di quella calma terribile che si prova quando si va ad Alicudi d’inverno, come diceva Nanni Moretti. La Martesana scorre e con lei i miei pensieri. Il far della sera mi permette di buttare giù qualche riga, se vi va.

Ebbene, questa mattina ho ricevuto due newsletter molto interessanti. È un bel modo per rimanere in contatto con le persone, le puoi leggere quando ti va, non sono obbligatorie, e spesso impari delle cose nuove. Una è di Giancarlo Politi, editore di FlashArt, l’altra di Alessandro Buganza, art advisor (suo discepolo).

Entrambi concordano sul fatto che non se ne possa più di sapere cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi, dell’arte e del suo mercato, specialmente se a dirlo sono sedicenti giornalisti o critici. Ormai vestiti da oracoli. Figure che si sporcano le mani molto poco, e quindi non particolarmente sensibili agli accadimenti.

Non so se chi mi legge ha mai lavorato in una galleria, e in effetti, se ne gestisci una o se l’hai gestita in passato, sai perfettamente cosa sta succedendo in questo momento.

Nessuno entra dalla porta da settimane, tranne i costi fissi.

In questa quarantena ho sentito tanti pareri, dai galleristi catastrofisti che non si venderà mai più un’opera fino all’anno venturo, a quelli che hanno continuato a lavorare perché a loro basta solo il telefono (balle). Quelli che le viewing room sono delle cose che non servono a niente, quelli che fanno solo viewing room, quelli che il digitale ha rotto i coglioni, quelli che investono in pubblicità su Instagram.

Il succo è che qualcosina è successo, ma troppo poco.

La stagione delle fiere se n’è andata a spasso, chissà quando ricomincerà, e come ricomincerà.

Il primo vero banco di prova saranno le aste a stretto giro. L’ottava edizione di “Contemporary Curated” di Sotheby’s a Londra ha realizzato £ 5.097.250 / $ 6.401.127, salendo sopra la sua stima pre-vendita di £ 3.435.900-4.668.500. Questo è il totale più alto mai raggiunto per una vendita online di arte contemporanea da Sotheby’s. L’88% dei lotti offerti è stato venduto, con oltre la metà di quelli che hanno superato le loro stime elevate.

In arrivo abbiamo diverse vendite sia in Italia che all’estero. Saranno un test interessante perché anche senza la presenza fisica si potrà provare con mano la propensione dei collezionisti e degli investitori alla spesa, in un momento molto delicato.

In realtà, mai come oggi la richiesta di arte contemporanea è stata così forte. È entrata a pieno titolo negli asset con cui diversificare già da diversi anni.

Nel 2019 il record d’asta per un artista vivente è stato superato due volte in meno di un anno (David Hockney prima, Jeff Koons subito dopo). Pittura, scultura e disegni rappresentano il 94% del fatturato globale. Su 284 risultati sopra il milione, 244 sono dipinti (lo dico per gli amanti delle performance e delle magliette).

Si viaggia su due binari distinti: le opere con cui si investe, quelle dai 50 in su, quelle destinate al mercato vero, e quelle invece degli emergenti, che però per funzionare devono costare veramente poco. Non si può pensare di vendere facilmente un dipinto di un ragazzino per 10.000 euro a un dentista in questi giorni. Forse a 2000, se è proprio forte. Forse.

Anche per le gallerie potrebbe esserci qualche sorpresa positiva alla fine. Se come sostiene Warren Buffett nei prossimi quattro anni viaggeremo molto meno dello scorso, allora il “glocal” tornerà ad assumere un valore centrale. Si parla tanto di vita di quartiere, di spostamenti in bicicletta, di KM zero.

Che non sia una bella occasione per tornare a fare due passi anche in galleria?

Certo che anche voi, cari galleristi, dovete metterci del vostro.

Siate accoglienti.

Siate gentili.

Come facciamo noi qui al Motel.

Ora scusate ma il vino mi attende, non vorrei perdere il ritmo.

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