La collezione della fallita Banca Popolare di Vicenza deve essere venduta per risanare i debiti, ma alcune delle opere sono vincolate. Tra queste un Caravaggio.
Una sentenza ha stabilito che la collezione d’arte della Banca Popolare di Vicenza, fallita nel 2017, deve essere venduta per raccogliere fondi necessari s ripagare i clienti che hanno perso i loro risparmi. La condanna parla di falso in prospetto, ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio, con 8000 risparmiatori danneggiati che si sono costituiti parte civile. Ma c’è un intoppo: i dipinti di valore, incluso un Caravaggio che si dice valga milioni, non possono essere spostati fisicamente dalla loro posizione a causa delle leggi sul patrimonio nazionale che li vincolano alla loro attuale collocazione.
Le opere sono conservate tra Palazzo Thiene, a Vicenza, dove ci sono anche opere dei grandi maestri veneti, da Tintoretto a Tiepolo e Palazzo degli Alberti a Prato, dove si trova la Crocifissione di Giovanni Bellini, la Madonna col bambino di Filippo Lippi, molti maestri del barocco toscano e, appunto, il Caravaggio in questione.
L’Incoronazione di spine è un dipinto realizzato da Michelangelo Merisi tra il 1602 e il 1603. È stato finalmente autenticato nel 2017, anche se già nel 2006 il Times sosteneva che il dipinto, allora esposto presso la chiesa di San Bartolomeo della Certosa a Genova, era stato restaurato da esperti d’arte i quali ritenevano si trattasse di un’autentica opera incompiuta piuttosto che di una semplice copia come al tempo si credeva, Difatti ora l’opera vale diversi milioni di euro e la sua vendita potrebbe bastare per risarcire una buona parte del debito. Il problema è che il vincolo imposto dal ministero rappresenta un grande deterrente per i compratori.
Il Caravaggio non si può spostare. C’è un vincolo della Soprintendenza che lega la Coronazione (e anche il Crocifisso di Bellini) a Palazzo degli Alberti, il palazzo di Intesa San Paolo a Prato. Ci sono due giudizi pendenti davanti al Consiglio di Stato per liberare le opere e consentirne l’esportazione. Ma anche, più semplicemente, lo spostamento all’interno del territorio. C’è infatti la speranza che il Caravaggio possa essere acquistata da un compratore italiano – anche lo Stato stesso, che vanta il diritto di prelazione, perché no? – e che possa quindi rimanere nel Paese. D’altra parte, libero da vincoli, il dipinto potrebbe arrivare a valere moltissimo.
In un analogo caso recente, un Ecce Homo di Caravaggio è stato vincolato dalla Spagna a rimanere sul territorio. La decisione ha di fatto impedito la vendita all’asta che era in programma. Il dipinto, prima del vincolo, era valutato 100-150 milioni di euro; in seguito all’ordinanza è sceso a 50 milioni. Un altro Caravaggio inamovibile, anche se per ragioni differenti (e ovvie) è l’affresco conservato nel Casino dell’aurora di Villa Ludovisi a Roma. Benché si tratti dell’unico affresco mai realizzato da Caravaggio, i 471 milioni necessari per acquistare la proprietà sono risultati eccessivi per qualunque compratore, tanto che l’asta è finita deserta.
Il rapporto tra Sovrintendenza e mercato si sta sempre più inasprendosi negli ultimi anni e dà origini a situazioni ambigue. Ne è un esempio anche la vicenda del dipinto di Mattia Preti in asta da Artcurial, che la direttrice italiana Emilie Volka si è affrettata a chiarire. Anche altri addetti ai lavori, come Giuseppe Bertolami, Amministratore Unico di Bertolami Fine Art, ci ha raccontato delle numerose difficoltà nella gestione dell’esportazioni delle opere d’arte.