80 scatti (40 di Edward, 40 di Brett, Cole e Cara) raccontano di una famiglia che con la fotografia ha dato vita a una dinastia: i Weston. Al Museo di Santa Giulia, Brescia, dal 31 marzo al 24 luglio 2022.
Edward, Brett, Cole, Cara. Una famiglia, i Weston; quattro fotografi, il padre, due figli e la nipote; uno scopo comune: la ricerca ostinata di purezza. Nella natura, nelle sue forme, nella magica restituzione che un’immagine immortalata riesce a dare alla realtà. Una dinastia di fotografi, come recita il titolo della mostra del Museo Santa Giulia di Brescia, che rappresenta forse un unicum nella storia dell’arte.
Inevitabile che Edward calamiti attenzioni. Presenza ingombrante, a tratti imperiosa. Nonostante si dica che in vita non abbia venduto un’opera per più di 25 dollari, oggi la sua produzione fotografica è tra le più apprezzate al mondo. Dai ritratti plastici ai nudi che esaltano forme e volumi, dalle dune di sabbia agli oggetti trasformati in sculture, sino ai vegetable – peperoni, carciofi, cavoli – e le conchiglie riprese in primissimo piano. Ogni scatto è intinto in una maniacale forma di perfezionismo, declinato in una composizione scevra di sbavature.
In mostra ce ne sono 40. Bianco e nero che traccia le sfumature del mondo, ma ne altera anche proporzioni e percezioni. I volumi si rinvigoriscono, gli ambienti spariscono. Così una conchiglia si impettisce come un pavone e un corpo umano assume la plasticità di una statua. Zoom vertiginosi, tagli che stravolgono le certezze, natura incantata dall’artificio. L’occhio umano che osserva e seleziona, che si appropria e deforma. O quantomeno trasla, annette in dimensioni ulteriori. Anche se, a guardar bene, pare più di immergersi in uno spazio senza dimensioni, dove i soggetti, senza contesto, possono assumere nuovi significati. O più probabilmente non assumerne nessuno.
Dimentiche di simbolismi, le fotografie di Edward Weston sono manifesti d’estetica pura. Stille di bellezza a cui non interessa definirsi a livello contenutistico, ma sublimarsi nella loro grazia autoreferenziale. Quel che conta è ciò che lo sguardo può riconoscere. In un istante, senza mediazione cerebrali o ipotesi narrative.
Due elementi – il bianco e nero e l’assenza di potenzialità narrativa – che pongono la sua poetica distante da un autore come Meyerowitz. Un esempio, come potrebbero esserlo tanti altri, utili a evidenziare come lo stesso medium possa condurre a esiti totalmente differenti. Una prospettiva che deve aver ispirato – e consolato – Brett e Cole. Cresciuti a fianco del padre di cui hanno visto e vissuto il progredire incessante di esperienze, alle volte stimolando loro stessi un reciproco confronto, hanno giovato dell’insegnamento paterno ma, allo stesso tempo, hanno inevitabilmente dovuto affrontare l’ingombrante confronto con la sua figura. Dunque, le pulsioni potevano apparire uguali e contrarie: da una parte la necessità di allontanarsi da lui per non risultare epigoni o emulatori; dall’altra il desiderio di proseguire il percorso di Edward, anche perché parte di esso era stato da loro partecipato. Brett, per esempio, si occupava di stampare le opere del padre.
Quando inizia a scattare, i risultati sono eccellenti. Lui è bravo a trovare la chiave per innovare l’impronta genitoriale; il mercato è pronto, dopo Edward, ad apprezzare la coerente evoluzione di Brett. L’autore si concentra sul paesaggio, allarga l’obiettivo e ottiene verosimiglianza, contestualizza l’ambiente e il mondo prende forma concreta. Poi però sceglie alcuni elementi, dettagli che ritaglia dal panorama come assoluti protagonisti. Tanto che di nuovo, anche se in modo meno artificiale, come nelle foto di Edward, la natura assume contorni inusitati per l’abitudine umana.
Sullo stesso solco, con variazioni e tocchi personali, operano anche Cole e la figlia Cara, peraltro ancora in attività. Evidente soprattutto in Cole lo scarto dovuto all’annessione del colore, che rimpolpa di linfa immagini comunque incapaci di arrendersi al realismo immediato, ma sempre in grado di deviare verso contesti ibridi, trasfigurati dalla scelta prospettica.
É invece Cara che, più degli altri, conduce la dinastia dei fotografi sui lidi della rappresentazione. L’aver visto centinaia di opere e aver curato, nel periodo in cui dirigeva la Weston Gallery, mostre di importanti autori americani, ha contribuito a sviluppare in lei uno sguardo critico e un approccio sensibile. La loro sintesi si traduce in un’interpretazione del paesaggio più sincera, meditativa e imponente. Bagnati nuovamente dal bianco e nero, i suoi panorami condividono lo spesso silenzio cristallino di quelli dei maestri che l’hanno preceduta.
Informazioni
WESTON.
Edward, Brett, Cole, Cara.
Una dinastia di fotografi
31 marzo – 24 luglio 2022
Brescia, Museo di Santa Giulia