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“Canti di Pietra” di Gabriele Tinti. La performance di Alessandro Haber al Museo Palatino

Haber legge _Canti di Pietra_ di Gabriele Tinti, courtesy Dino Ignani, Mueo Palatino Haber legge _Canti di Pietra_ di Gabriele Tinti, courtesy Dino Ignani, Mueo Palatino
Haber legge _Canti di Pietra_ di Gabriele Tinti, courtesy Dino Ignani, Mueo Palatino
Haber legge _Canti di Pietra_ di Gabriele Tinti, courtesy Dino Ignani, Mueo Palatino

Ai tempi del Covid anche un attore di grande esperienza come Alessandro Haber si emoziona prima della performance: “Ogni evento che accade in questo periodo è un miracolo” dice con amarezza. Gabriele Tinti ci parla della sua poetica raffinata e al tempo stesso potente dove l’arte del passato si riprende la scena

Alessandro Haber
Alessandro Haber – Foto ArtsLife

Gabriele Tinti e l’arte del passato: vivere, di nuovo, attraverso le parole

In un mondo in cui tutto corre (troppo) veloce, capita che un giovane poeta contemporaneo si fermi a evocare un mondo perduto. Non a raccontarlo ma a farlo vivere, di nuovo, attraverso le parole. Il mondo di quei dipinti, di quelle sculture che noi consideriamo “opere classiche” ma che nel tempo in cui furono create erano parte di una vita che oggi possiamo solo vagamente immaginare attraverso le poche fonti scritte giunte fino a noi.  Non ci rimangono che splendide rovine di quei tempi. E anche quando giungono a noi integre, le opere mancano dei contesti per i quali furono create e, in molti casi, venerate.

Dalla fragilità della nostra conoscenza, da questo senso di perdita, nasce la raffinata e al tempo stesso potente poetica del poeta, scrittore e critico italiano Gabriele Tinti. La sua poesia ecfrastica contemporanea, non è un raffinato esercizio di retorica, ma, come la definisce egli stesso, “fantasmagoria“, frammenti di luce che illuminano  ombre esistenziali. Lontane ma dannatamente simili alle nostre.

Nella grandezza così come nella solitudine, ci restituiscono le complesse e contraddittorie pulsioni dell’animo umano.   Ed in questo sottile filo che unisce le nostre esistenze, in questo voler colmare il vuoto di tutto quello che ci siamo persi di questo mondo lontano, nasce il progetto “Rovine“- insignito nel 2018 del ‘Premio Montale’ – di cui i “Canti di Pietra” rappresentano una parte.

"Apollo e gli ultimi poeti"
Frammento di “Apollo che suona la cetra” – Museo Palatino- Foto ArtsLIfe

La performance di Alessandro Haber

Ormai in molti conoscono le performance dei tanti attori – da Franco Nero ad Alessandro Haber, da Kevin Spacey ad Abel Ferrara – che hanno prestato la loro voce per interpretare i versi poetici di Gabriele Tinti. Reading che hanno incantato il fortunato pubblico presente in alcuni dei più importanti musei del mondo.

Attori che nel declamare i versi poetici di Tinti accanto ai grandi capolavori dell’arte, ti fanno capire, in pochi istanti, quanto sia naturale il legame tra le varie discipline artistiche, A volte si parla di dialogo – in questo periodo va alla grande il termine “contaminazioni” –  ma in realtà sono solo le nostre impalcature mentali, nelle quali vogliamo catalogare ogni cosa, a tenerle separate tra loro.

Un flusso continuo quello che le unisce e che ci unisce, da sempre. “Leggere ‘Rovine’ è stato come abbandonare ogni resistenza al passato, indossare ogni volta una maschera diversa, quelle degli antichi attori tragici, per provare a seguirli nell’incantesimo capace di unire le parole alle immagini” il commento di Alessandro Haber, dopo l’esperienza del primo reading per il poeta italiano.

Pubblico presente, courtesy Dino Ignani, Museo Palatino
Pubblico presente, courtesy Dino Ignani, Museo Palatino

La sua performance avviene davanti un pubblico contingentato. “Un miracolo, ogni evento che accade in questo periodo è un miracolo” ha affermato l’attore – riferendosi alla situazione in cui versa il mondo dell’arte a causa del Covid – prima di declamare i versi poetici ispirati dal frammento di affresco di “Apollo che che suona la cetra”.

Apollo e il Museo Palatino al Parco Archeologico del Colosseo

Ad ospitare la performance, il Museo Palatino presso il Parco Archeologico del Colosseo, dove tutto parla di Apollo. Sul Colle Palatino venne eretto il Tempio di Apollo – scelto da Augusto come divinità protettrice – dove pare fosse caduto un fulmine. E dove probabilmente c’era una grande statua della divinità, opera di Scopas.

Di questa voce restituita alle statue del passato, che noi contempliamo come splendide rovine  mentre un tempo rappresentavano un aspetto fondamentale della vita sociale, ne abbiamo parlato con lo stesso poeta, nato e cresciuto a Jesi e stregato inevitabilmente dall’attrazione fatale per la Roma antica.

Intervista a Gabriele Tinti

Il tuo progetto di poesie ispirate alla statutaria antica prende vita da lontano, da quando vedi per la prima volta il “Pugile in riposo” del Museo Nazionale romano. Perché? Cosa fa nascere in particolare  la scintilla dell’ispirazione?

E’ un’opera talmente potente e straordinaria che mi ha immediatamente colpito. Innanzitutto la sua integrità: questo essere bronzo così completo che è arrivato fino a noi. Io ho amato molto le vite tragiche dei pugili che sono lo spettacolo secondo me più vicino al  mondo antico nella sua purezza. Rimane come qualcosa originario come tragedia. Quindi  per tanti motivi, come anche il suo volgere del capo così enigmatico e tutti gli studi che gli sono stati dedicati.

Alessandro Haber e Gabriele Tinti leggono "Apollo e gli ultimi poeti"
Alessandro Haber e Gabriele Tinti – Foto ArtsLife
A proposito di studi, le tue poesie si basano su una profonda conoscenza delle fonti 

Quando entri nella storiografia, nella bibliografia degli studi di un’opera così complessa automaticamente vieni preso da riferimenti che ti catapultano in altre dimensioni. Tra l’altro io ho studiato arte moderna e contemporanea quindi non venivo da quel tipo di studi, però si è spalancato un mondo che ho in qualche modo portato avanti e nel quale ho trovato la disponibilità e la collaborazione di eminenti professori – adesso per esempio uscirà un mio libro con interventi di curatori del Metropolitan Museum e del Getty – verso qualcosa che non è stato mai fatto. Molti poeti fanno riferimento ad un’opera oppure si ispirano a un’opera figurativa, però qualcosa di così organico, non era mai stato fatto.

Il concetto di tutto questo è dunque quello di ricreare un contesto – ormai perduto- a queste opere?

Sì, dare a queste opere una loro voce quindi di riempire quel voto immaginando gli autori, quel mondo lì che non c’è più. Poco prima nella presentazione parlavo di fantasmagoria: sono tutti fantasmi di un mondo che non c’è più.

Si può sapere di più riguardo le “passeggiate poetiche” che sono previste prossimamente presso il Parco Archeologico del Colosseo?

Faremo una serie di passeggiate con una serie di attori che leggeranno i miei testi che nascono dai miei studi  sui templi e le edicole votive  – prima di quelle cristiane – dove erano collocate le varie statue. Il mio intento è sempre evocativo, a quei tempi la statutaria era una presenza molto importante nella vita delle persone, aveva un valore diverso da quello che diamo noi oggi. Non era solo arte ma qualcosa di ancora più profondo che noi non possiamo forse nemmeno comprendere.

www.gabrieletinti.com/it/

www.parcocolosseo.it

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