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Gli splendori della Romagna malatestiana in un volume di Franco Maria Ricci

Arco di Augusto, 27 a.C. Photo Luciano Romano

Solitamente associata alle spiagge e alle discoteche, la Romagna è in realtà una terra ricca di storia e di cultura, dove la collina non cede in fascino al mare. Dai Malatesta a Fellini, passando Dante e Giotto, continua il viaggio di ArtsLife fra gli splendori d’Italia raccontati dai volumi di Franco Maria Ricci

Roma. Rimini e Cesena, meta vacanziera la prima, “sonnacchiosa” cittadina di provincia la seconda, adagiate su un lembo di campagna semicollinare che digrada dolcemente verso il mare, una terra già omaggiata da Dante nella sua Commedia, ma che forse non è mai stata abbastanza conosciuta e apprezzata nei secoli successivi. La casa editrice Franco Maria Ricci colma questa “amnesia culturale” pubblicando Rimini e Cesena. La Romagna dei Malatesta, ricco e interessante volume in cui questa peculiare zona geografica è raccontata dai saggi di Antonio Paolucci, Rosita Copioli e Silvia Ronchey.

Ognuno degli autori, inquadra a suo modo vicende storiche e artistiche della Romagna orientale, che ha in Rimini (l’antica Ariminium dei Romani) una perla di armonica bellezza formatasi secolo dopo secolo: nel Trecento vi fiorì una raffinata scuola di pittura di ascendente giottesco, sei secoli più tardi il Liberty la impreziosì, fra le altre cose, di quel simbolo di un lusso elegante e vagamente orientale che ancora oggi è il Grand Hotel. In mezzo, il Rinascimento dell’Alberti e dei Malatesta, e prima ancora, velate dallo scorrere dei millenni, le radici romane testimoniate, in primis, dall’Arco di Augusto, sotto i cui fornici sono passati, fra gli altri, Dante, Giotto, Petrarca e Lutero e che conserva ancora la merlatura ghibellina, aggiunta in età medievale.

Arco di Augusto, 27 a.C. Photo Luciano Romano

Gli splendori delle vestigia romane sono raccontati nel volume anche dalla riproduzione formato testo delle celebri incisioni di Giovanni Battista Piranesi. Caduto l’Impero Romano, passati i Secoli Bui, Rimini tornò a fiorire con la signoria dei Malatesta, che toccò l’apice fra il Trecento e il Cinquecento, prima che la città cadesse sotto il dominio del Papato. Due secoli nei quali la città fu particolarmente vivace dal punto di vista artistico e culturale, un clima che interessò anche le cittadine che facevano parte del dominio malatestiano, Cesena in particolare. Leon Battista Alberti lavorò in entrambe le città: a Rimini realizzò il celebre Tempio, a Cesena la biblioteca, entrambi dedicati alla famiglia regnante.

Rimini significa anche Federico Fellini, che qui nacque e qui ha ambientato il suo struggente Amarcord, e che soprattutto qui ha vissuto la sua infanzia e immaginato gran parte del cinema che avrebbe regalato all’Italia e al mondo. Purtroppo sfregiata dai bombardamenti dell’aviazione statunitense nel corso della Seconda Guerra Mondiale (qui infatti passava la Linea Gotica), Rimini è riuscita a tornare quasi completamente ai suoi antichi splendori, anche se quel caos edilizio che ha accompagnato il successivo “miracolo economico” ha purtroppo lasciati i suoi sfregi.

La navata centrale dell’aula della Biblioteca Malatestiana. Photo Luciano Romano

Nell’interno, circondata dalla campagna, Cesena conserva una bellezza forse più modesta, ma non meno preziosa, e che condivise con Rimini gli splendori dell’epoca malatestiana: la Biblioteca, progettata dall’Alberti, è ancora oggi uno degli edifici cittadini più rappresentativi. Paolucci, nel suo saggio, sfiora anche luoghi importanti dei dintorni riminesi, in particolare la val di Marecchia con Villa Verrucchio e Sant’Arcangelo, e Penna Billi, borgo caro al poeta Tonino Guerra, spingendosi fino alla valle del Conca, dove sorge il castello malatestiano di Gradara, quello che la tradizione vuole abbia ospitato la triste vicenda di Paolo e Francesca. 

Purtroppo, sia nell’antica campagna circostante, sia all’interno dell’antica struttura urbana, la modernità ha fatto la sua disastrosa comparsa anche fra Rimini e Cesena, stravolgendo le prospettive paesaggistiche create dalla natura e le prospettive architettoniche create da teste autenticamente pensanti (una delle quali Leon Battista Alberti), e in parte sfregiandole con la nuova viabilità, gli agglomerati industriali, i brutti edifici in cemento, eccetera; è così quasi del tutto scomparsa una larga fascia di campagna che avvolgeva le due città come un velo di delicata bellezza, preludio a quella dei monumenti che impreziosiscono entrambe. 

Maestro del coro di Sant’Agostino, Supplizio di san Giovanni, affresco, prima metà XIV secolo.Rimini, Sant’Agostino. Photo Gilberto Urbinati

Le fotografie di Luciano Romano e Gilberto Urbinati restituiscono al lettore scorci architettonici, dettagli di affreschi e dipinti, che testimoniano la grandezza artistica di queste due cittadine.

In chiusura di volume, il saggio di Silvia Ronchey fa luce sui rapporti fra i Malatesta e l’Impero Bizantino (di cui la Romagna ha fatto parte nei primi secoli dopo la caduta di Roma) riaprendo una pagina di storia poco nota ma affascinante, attraverso le sfortunate vicende umane di Sigismondo, che nel 1464 bandì una crociata per liberare Costantinopoli dai Turchi Ottomani, e di Cleopa, che nel 1420 andò in sposa a Teodoro Paleologo, figlio dell’Imperatore Manuele II. Morì ancora giovane, forse per le complicazioni di un parto, e che forse fu al centro di un intrigo a metà fra politico e religioso. 

 

>> Leggi qui le recensioni dei volumi dedicato a Bergamo, Mantova, Napoli, Torino e Parma

 

 

Rimini e Cesena. La Romagna dei Malatesta

Franco Maria Ricci, 2018

pp. 204, Euro 70,00
francomariaricci.com/it

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